Per Massimo Ciancimino qualcosa è cambiato. “Sento grande ostilità nei miei confronti e non vedo la volontà di andare oltre e scavare nelle cose”. Il figlio dell’ex sindaco di Palermo oggi, per la prima volta dopo un lungo periodo di collaborazione, si è avvalso della facoltà di non rispondere di fronte ai magistrati di Caltanissetta, dove è comparso in qualità di indagato, non di dichiarante. Non è la prima volta che si manifestano frizioni fra Ciancimino jr e la procura nissena che indaga sulle stragi del 1992. Ma, fino a ora, non c’era mai stata una presa di posizione così chiara. Massimo Ciancimino è, infatti, indagato per calunnia.
“Ho deciso di collaborare e me ne sto uscendo con le ossa rotte” si sfoga il supertestimone della presunta trattativa fra Cosa nostre e pezzi delle istituzioni. “La verità a 360 gradi fa male, anche a me – continua – ma ho sempre detto che non sono il detentore di una verità assoluta, alcune cose le so direttamente, altre le so ‘de relato’, dico quello che mi hanno raccontato. Ho dato la massima fiducia, avevo solo una condanna indultata e prescritta e oggi, dopo la mia collaborazione, mi contestano nove episodi. Ai Gasparri e ai Cicchitto vorrei dire che ho le ossa rotte, vorrei sapere dov’è il mio tornaconto. Sarebbe stato meglio conformarsi al silenzio confortante dei figli di Provenzano o di Riina”.
Il caso Ciancimino è scoppiato venerdì scorso quando è stata diffusa la notizia che il testimone aveva indicato in Gianni De Gennaro – già capo della polizia e braccio destro di Giovanni Falcone – l’ormai noto ‘signor Franco’, collante della trattativa e uomo cerniera fra le istituzioni e Cosa nostra. “Io sono stato accusato per quanto riferito a un ufficiale della Dia mentre non ero sottoposto a interrogatorio. Non mi avevano avvisato che quanto dicevo sarebbe stato verbalizzato. Così sono saltati gli elementi di garanzia”. In effetti, secondo il legale Francesca Russo, nell’interrogatorio reso di fronte ai magistrati, Massimo Ciancimino avrebbe fatto riferimento a De Gennaro come componente dell’entourage del ‘signor Franco’ e sempre come confidenza fatta dal padre, viziata, tra l’altro, dall’astio del politico nei suoi confronti.
Ma mentre coi magistrati di Caltanissetta il rapporto di collaborazione sembrerebbe compromesso, nei confronti dei giudici di Palermo la posizione è diversa. In loro, infatti, il testimone vede “un atteggiamento laico teso al fine della ricerca della verità a prescindere di chi sia coinvolto, senza pregiudizi nei miei confronti”.
“E’ triste – ha poi concluso Ciancimino jr – che nel 2010 Vito Ciancimino abbia ragione. Quando scrivevamo il libro mi aveva avvertito che se avessi raccontato queste cose mi avrebbero preso per pazzo. Il percorso di collaborazione è stato tutto in salita, volevo essere da esempio ma nessuno mi seguirà”.
Per Massimo Ciancimino qualcosa è cambiato. “Sento grande ostilità nei miei confronti e non vedo la volontà di andare oltre e scavare nelle cose”. Il figlio dell’ex sindaco di Palermo oggi, per la prima volta dopo un lungo periodo di collaborazione, si è avvalso della facoltà di non rispondere di fronte ai magistrati di Caltanissetta, dove è comparso in qualità di indagato, non di dichiarante. Non è la prima volta che si manifestano frizioni fra Ciancimino jr e la procura nissena che indaga sulle stragi del 1992. Ma, fino a ora, non c’era mai stata una presa di posizione così chiara. Massimo Ciancimino è, infatti, indagato per calunnia.
“Ho deciso di collaborare e me ne sto uscendo con le ossa rotte” si sfoga il supertestimone della presunta trattativa fra Cosa nostre e pezzi delle istituzioni. “La verità a 360 gradi fa male, anche a me – continua – ma ho sempre detto che non sono il detentore di una verità assoluta, le cose che so, le so ‘de relato’, dico quello che mi hanno raccontato. Ho dato la massima fiducia, avevo solo una condanna indultata e prescritta e oggi, dopo la mia collaborazione, mi contestano nove episodi. Ai Gasparri e ai Cicchitto vorrei dire che ho le ossa rotte, vorrei sapere dov’è il mio tornaconto. Sarebbe stato meglio conformarsi al silenzio confortante dei figli di Provenzano o di Riina”.
Il caso Ciancimino è scoppiato venerdì scorso quando è stata diffusa la notizia che il testimone aveva indicato in Gianni De Gennaro – già capo della polizia e braccio destro di Giovanni Falcone – l’ormai noto ‘signor Franco’, collante della trattativa e uomo cerniera fra le istituzioni e Cosa nostra. “Io sono stato accusato per quanto riferito a un ufficiale della Dia mentre non ero sottoposto a interrogatorio. Non mi avevano avvisato che quanto dicevo sarebbe stato verbalizzato. Così sono saltati gli elementi di garanzia”. In effetti, secondo il legale Francesca Russo, nell’interrogatorio reso di fronte ai magistrati, Massimo Ciancimino avrebbe fatto riferimento a De Gennaro come componente dell’entourage del ‘signor Franco’ e sempre come confidenza fatta dal padre, viziata, tra l’altro, dall’astio del politico nei suoi confronti.
Ma mentre coi magistrati di Caltanissetta il rapporto di collaborazione sembrerebbe compromesso, nei confronti dei giudici di Palermo la posizione è diversa. In loro, infatti, il testimone vede “un atteggiamento laico teso al fine della ricerca della verità a prescindere di chi sia coinvolto, senza pregiudizi nei miei confronti”.
“E’ triste – ha poi concluso Ciancimino jr – che nel 2010 Vito Ciancimino abbia ragione. Quando scrivevamo il libro mi aveva avvertito che se avessi raccontato queste cose mi avrebbero preso per pazzo. Il percorso di collaborazione è stato tutto in salita, volevo essere da esempio ma nessuno mi seguirà”.