CATANIA – “Difficile pensare che siamo all’interno di una riserva naturale”. È unanime il coro dei consiglieri della seconda commissione consiliare nel descrivere la zona B dell’Oasi del Simeto, la grande riserva naturale orientata a sud di Catania, al confine con la provincia di Siracusa. Sono sbalorditi da quello che osservano in pre-riserva, area fortemente antropizzata. Oltre la difficoltà ad arrivare, le strade dissestate, le case nate abusivamente nel corso degli anni, alcune ancora neanche finite, e l’incuria che si respira a ogni passo, sono i rifiuti a farla da padrona. “E l’evidente assenza di controlli” – affermano.
E sembrano non avere troppi torti: in pochi metri, all’interno di un territorio che dovrebbe essere particolarmente protetto e salvaguardato, almeno dal punto di vista ambientale, la prima vittima dell’inciviltà e dell’incuria sembra proprio l’ambiente. La spiaggia, a pochi passi dal mare, è costellata di micro discariche che rivelano come, lì, si continuino a scaricare materiali di ogni tipo. I sacchetti della spazzatura e le bottiglie sono in quantità industriale, anche all’interno dell’area recintata dalla Forestale. Alle spalle, a pochi metri dal mare, abitazioni più o meno abusive.
Su questo aspetto, la Procura di Catania e l’amministrazione comunale, si stannomuovendo – numerose le case abusive demolite dall’amministrazione su segnalazione del tribunale – ma rimane la questione della gestione della riserva, nella zona antropizzata, la B, e in quella più selvaggia, la A dove le mancanze delle istituzioni sembrano altre.
“Intanto occorre arrivarci – esordisce Michele Failla, presidente della seconda commissione che, stamattina, ha effettuato un sopralluogo nell’area per rendersi conto della situazione – in zona A dell’Oasi del Simeto, dal momento che non sembra ci sia segnaletica sufficiente. Una volta arrivati, poi – continua – è desolante vedere il punto di accoglienza inesorabilmente chiuso e i cartelli – anche in lingua inglese – che invitano i visitatori a non lasciare i mezzi incustoditi per pericolo di furti. Non mi pare questo – prosegue – il modo migliore per accogliere gli eventuali turisti né di salvaguardare un patrimonio così bello e unico che, lasciato così, rappresenta solo uno scempio”.
Il paradosso, secondo i membri della commissione, sarebbe quello che, proprio nella zona A, dove non ci sono edifici abusivi o altre brutture, non vi siano neanche le istituzioni, quelle comunali per l’area della pre riserva, quelle provinciali per la cura dell’Oasi vera e propria, la cui gestione è, appunto, della Provincia. “Sicuramente non aiuta la scomparsa di questi enti locali – sottolinea Sebastiano Anastasi, vice presidente della commissione, presente al sopralluogo insieme ai consiglieri Riccardo Pellegrino e Salvo Spataro. Una delle conseguenze è che, luoghi come questo, non vengono vigilati né curati da nessuno: dal Comune che non è competente, né dalla provincia, che non ha più organo politico”.
Chiedono all’amministrazione di farsi portavoce nei confronti della Provincia per la cura dell’area. E di occuparsi di ciò che, invece, riguarda il Comune. “Qualsiasi amministrazione parla di rivalutare l’area – concludono i consiglieri – ma poi non sottopone mai idee su questa zona e sul futuro dell’Oasi e delle abitazioni che insistono sulla riserva. Non neghiamo i passi avanti fatti, ma occorre un programma, una volontà politica che faccia di questa zona un fiore all’occhiello di tutta la Sicilia orientale”.
Non facile, in ogni caso, controllare un’area così vasta. Come conferma il gestore della riserva, Gaetano Torrisi. “Bisogna sottolineare che la riserva nasce già con dei problemi, per via della presenza di più di dieci villaggi irregolari – afferma. Una contraddizione – continua – che genera problematiche per la gestione di quella che è una vera e propria città nella città e che noi, con appena 7 unità, dobbiamo controllare, insieme a quella di Fiumefreddo”.