Offesa la speranza di tutti | Ma lo scandalo è il degrado - Live Sicilia

Offesa la speranza di tutti | Ma lo scandalo è il degrado

L'oltraggio alla statua di Falcone è grave ed è figlio dell'indifferenza.

L'intervento
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Io non me la prendo con i balordi, magari istigati dai soliti magnaccia mafiosi di quartiere, che hanno distrutto a Palermo la statua di Giovanni Falcone posta dinanzi alla omonima scuola allo Zen. No, io me la prendo con chi seduto comodamente nei piani alti del potere politico, mortificando lo sforzo quotidiano di insegnanti, preti, suore e volontari, continua a negare nei fatti queste realtà, emarginate e abbandonate, in cui molti giovani conoscono soltanto il codice mafioso, quello che considera “curnutu” e “sbirro” uomini come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

La Scuola, in queste paludi dell’oltraggio costante alle regole dello Stato assente come unica regola di vita, combatte ad armi impari tentando, con i progetti dell’educazione alla legalità, di provocare una rivoluzione culturale che non può, però, contare sulle indispensabili politiche del lavoro e della riqualificazione urbana che tolgano acqua e sostentamento al malaffare e all’azione devastante di piccoli boss e loro gregari che offrono ai ragazzi che non sperano più in nulla un universo dorato fatto di soldi guadagnati senza troppa fatica, pazienza se devi distruggere un effige laicamente sacra o compiere un omicidio su commissione. L’aveva capito don Pino Puglisi, a Brancaccio, non a caso ucciso da Cosa Nostra, che quotidianamente operava nelle strade desolate di un quartiere dimenticato non da Dio ma dagli uomini, supplicando le istituzioni perché facessero il proprio dovere, la propria parte: “se ognuno fa qualcosa…” ripeteva.

Oggi ci scandalizziamo? Quanta ipocrisia. Non è la prima volta, né sarà l’ultima, in cui statue e targhe dei nostri martiri massacrati dalla mafia vengono vandalizzate nelle zone più degradate delle nostre città. Anzi, per alcuni sarà considerata una bestemmia, queste targhe, queste statue rischiano di apparire un affronto – Borsellino e Falcone nati alla Kalsa mi comprenderanno – se non accompagnate da un’attività incessante delle istituzioni, a qualunque livello, per dare un futuro a chi della parola “futuro” non ne conosce nemmeno il significato sopravvivendo in un eterno miserabile presente. Lo sappiamo bene, la vera antimafia non sono le giuste e doverose commemorazioni ad ogni 23 maggio e 19 luglio. La vera antimafia è ricordare, oltre al sacrificio estremo, le parole finora pronunciate al vento di Falcone e Borsellino.

Borsellino diceva: “La lotta alla mafia deve essere, innanzitutto, un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e, quindi, della complicità”. E Falcone: “Se le istituzioni continueranno nella loro politica di miopia nei confronti della mafia temo che la loro assoluta mancanza di prestigio nelle terre in cui prospera la criminalità organizzata non farà che favorire sempre di più Cosa Nostra”. Ecco, “il fresco profumo della libertà”, come sentirlo mentre sei immerso fino al collo nella privazione di ogni diritto fondamentale? E la “miopia delle istituzioni”, come risorgere se vivi in un mondo ai confini del mondo in cui le istituzioni non ti vedono?

 

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