Si celebra oggi il ventiseiesimo anniversario della strage, il 29 luglio 1983, di via Pipitone Federico a Palermo in cui furono uccisi dalla mafia il consigliere istruttore Rocco Chinnici, i carabinieri maresciallo Mario Trapassi e appuntato Salvatore Bartolotta, e il portiere dello stabile in cui Chinnici abitava, Stefano Li Sacchi. Sul muro della strada della strage davanti ai familiari delle vittime sono state deposte corone di fiori. Poi e’ stata celebrata una messa nella cappella della legione dei carabinieri della Sicilia, nella caserma Carlo Alberto Dalla Chiesa.
La figlia del giudice, Caterina, oggi assessore regionale, ha ricordato il valore del padre che, durante la sua esistenza, aveva accomunato il senso del dovere alla condivisione del valore della legalita’.
”Un uomo di straordinario equilibrio e fermezza incrollabile nella lotta alla criminalita’ organizzata”, con queste parole il presidente della Regione Raffaele Lombardo ha voluto commemorare il giudice, mentre per il ministro della Giustizia Angelino Alfano “il magistrato Chinnici è soprattutto un’icona della legalità particolarmente vicina alle nuove generazioni alle quali ha dedicato grande attenzione perché attecchisse in loro il seme di una rivoluzione culturale in grado di scardinare l’antisistema mafia, minandolo sin dalle sue violente fondamenta. In quest’ottica, l’attentato mafioso del 29 luglio del 1973 ha interrotto solo il percorso terreno dell’uomo, non il corso del suo esempio, né il permanere della sua memoria. Chinnici vive in tutti coloro che hanno raccolto il testimone e che ne proseguono, instancabili, la lotta”.
In un commosso messaggio fatto pervenire a Caterina, Elvira e Giovanni Chinnici, il presidente del Senato Renato Schifani scrive: “Chinnici fu tra i primi a comprendere l’importanza di educare i giovani, che definiva ‘la nostra nuova coscienza’, alla conoscenza e al rispetto dei princìpi che regolano il vivere civile, spronandoli a bandire ogni forma di violenza, di arbitrio e sopraffazione. Un messaggio che tutti noi abbiamo il dovere di raccogliere. Ogni azione dello Stato, delle Istituzioni, di tutta la società deve essere essere finalizzata alla costruzione di un futuro nel quale i saldi valori della nostra democrazia non vengano mai meno, siano da tutti sempre custoditi come un bene prezioso e preservati da qualunque attacco esterno”.
“Rocco Chinnici era un uomo che ispirava la sua opera ad un alto senso dello Stato – scrive invece il presidente della Camera Gianfranco Fini – e che credeva nel coinvolgimento della società civile nella lotta contro la criminalità organizzata. Di lui ricordiamo la estrema sensibilità e considerazione rivolta a ogni componente della società, in particolare nei confronti dei giovani, come testimonia la sua attenzione alla crescita civile delle nuove generazioni: si recò personalmente nelle scuole a denunciare la barbarie e la pericolosità della mafia nonchè a informare i ragazzi appellandosi al loro senso civico”.