MOTTA SANT’ANASTASIA – La sentenza del Cga in primo piano, la nuova paventata crisi dei rifiuti in Sicilia sullo sfondo. Nell’attesa della prossima mossa di Oikos, pronta a prendersi di nuovo la scena. Anche se il Consiglio di giustizia amministrativa di Palermo ha definito “illegittimo” il rinnovo dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) del 2019 alla discarica di Valanghe d’inverno, a Motta Sant’Anastasia, la tragedia dell’immondizia siciliana potrebbe avere un nuovo atto da scrivere. Secondo quanto appreso da LiveSicilia, la società della famiglia Proto, proprietaria dell’impianto di smaltimento rifiuti in provincia di Catania, sta valutando di intraprendere nuove azioni legali per potere riaprire i battenti.
Lasciata da parte la questione della particella 131 e della famosa Tavola 03 che la riporta, alla quale “il Collegio (dei giudici amministrativi, ndr) ritiene di non potere attribuire valore probatorio”, il dente dolente sul quale Oikos sembra intenzionato a battere è quello della distanza minima dal centro abitato. Tre chilometri prima, cinque chilometri poi. In una delle memorie depositate dalla società dei Proto al tribunale amministrativo si legge, infatti, che “la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una norma di legge della Regione Marche che stabiliva il divieto di collocare impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti a una distanza inferiore a cinque chilometri dai centri abitati, nonché dai luoghi ove siano esercitate funzioni sensibili”.
La legge incostituzionale
La norma, continuano i legali della Oikos, “è illegittima […] perché, imponendo una previsione generale e astratta nel campo delle valutazioni tecnico-scientifiche, invade il campo del procedimento amministrativo”. Per fare un esempio che spieghi il concetto che Oikos mutua dalla Corte Costituzionale: per autorizzare un impianto di trattamento dei rifiuti bisogna passare attraverso complesse procedure di autorizzazione, come l’Aia. E non si può stabilire una distanza minima dalle case, senza che siano i tecnici a valutare il corretto bilanciamento degli interessi tra i cittadini, la tutela dell’ambiente e i privati.
Il clone siciliano
Tra i motivi addotti dal Cga per dichiarare illegittimo il rinnovo dell’Aia alla Oikos, c’è anche – ma non esclusivamente – il fattore della distanza minima dal perimetro del centro abitato, fissata in tre chilometri da una norma della Regione Siciliana già in vigore al momento della richiesta del rinnovo dell’Aia. E non rispettata dalla discarica di Valanghe d’inverno, che è ben più vicina al perimetro urbano di Motta Sant’Anastasia.
Tra le motivazioni usate dal collegio del Consiglio di giustizia amministrativa e spiegate in 22 corpose pagine di sentenza, sembra che sia questa quella che Oikos vuole usare come grimaldello per farne saltare l’impianto e ottenere, così, la riapertura per l’abbancamento delle oltre 200mila tonnellate di spazio residuo. In teoria, le opzioni per gli avvocati del colosso dell’immondizia dovrebbero essere due: chiedere la “revocazione” della sentenza del Cga, oppure fare ricorso alle Sezioni unite della Cassazione “per eccesso di potere giurisdizionale”. In altri termini, Oikos dovrebbe sostenere che il collegio del Cga ha sbagliato le sue valutazioni, almeno in merito alla distanza dal centro abitato, perché non ha tenuto conto di una precedente sentenza della Corte Costituzionale.
Un’altra battaglia all’orizzonte
La battaglia legale, quindi, potrebbe non essere finita. Un fatto che gli attivisti dei comitati No discarica di Motta e Misterbianco, i due Comuni più vicini all’impianto, avevano già messo in conto. “La discarica è sempre stata abusiva – si legge, infatti, in un ordine del giorno approvato all’unanimità dal Consiglio comunale di Misterbianco all’indomani della sentenza – Non ci siamo stancati di ripeterlo in questi 13 anni di lotte preceduti da 30 anni di miasmi, crolli, puzze, territorio invaso dalla munnizza di tutta la Sicilia”. Che poi, a riprova dell’intenzione di non mollare il colpo, aggiungeva: “La bonifica e il totale ripristino dei luoghi, e non solo la messa in sicurezza post mortem, sarà la nostra prossima più strenua lotta“.