Omicidio Celesia in discoteca: dalla pistola finta al sangue vero

Omicidio Celesia in discoteca: dalla pistola finta al sangue vero

Si analizzano cellulari e video. Sentito il figlio di un boss
INCHIESTA SUL DELITTO
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PALERMO – Uno è al Malaspina, l’altro ai Pagliarelli. I fratelli aspettano in carcere la convalida del fermo. Accuse diverse. Il più giovane, M.O., 17 anni, ha confessato di avere ucciso Rosolino Celesia in discoteca. Il più grande, G.O., 23 anni, di avere detenuto la pistola con cui sono stati esplosi i colpi mortali al collo e al torace. Sul corpo sarà eseguita l’autopsia.

Nelle prossime l’avvocato del diciassettenne, Vanila Amoroso, lo incontrerà in carcere. “Sono innanzitutto umanamente dispiaciuta per la morte di un ragazzo”, si limita a dire il legale che oltre ad occuparsi di civile e penale ha maturato esperienza in questioni di diritto di famiglia. Ha appena iniziato a studiare il fascicolo dell’inchiesta. In realtà sono due: uno coordinato dal procuratore Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Ennio Petrigni e dal sostituto Vittorio Coppola, il secondo dal procuratore dei minori Claudia Caramanna.

L’avvocato Vanila Amoroso

Dubbi sulla confessione

L’inchiesta va avanti. Innanzitutto per verificare la confessione del minorenne. Ci sono dei dubbi: potrebbe avere voluto scagionare il fratello che, a differenza sua, in caso di condanna rischierebbe l’ergastolo (il carcere a vita no. è previsto per i minori). Accollarsi la colpa dell’omicidio, dunque, come il male minore.

Il video con la pistola giocattolo

Si scava nella vita dei due indagati. Ragazzi difficili, rimasti orfani del padre. Qualche piccola grana giudiziaria nel passato, come quando il più piccolo postò sui social il video di qualcuno che sparava con una pistola. Scattò l’allarme e una perquisizione. I carabinieri scoprirono che l’arma era giocattolo. Vera, purtroppo, era quella usata per ammazzare Celesia. Al momento sembra sia stato l’epilogo tragico di una lite fra giovani. Teste calde cresciute seguendo modelli sbagliati. Fanno di tutto per mettersi in mostra sui social. Tatuaggi, pose da cattivi, cani tenuti al guinzaglio.

Le parentele con i boss

I poliziotti della sezione omicidi della squadra mobile hanno sentito parecchi testimoni. In discoteca, al Notr3 di via Pasquale Calvi, la notte fra il 20 e il 21 dicembre, c’era anche il figlio di un boss detenuto, un pezzo da novanta della mafia di Porta Nuova. È stato sentito come persona informata sui fatti. Lui come tanti altri. Il ragazzo ucciso è imparentato con un’altra famiglia mafiosa, i Celesia di Brancaccio. Gli investigatori hanno sequestrato i cellulari degli arrestati. Come una scatola nera potrebbero svelare dettagli, fra foto e chat, decisivi per le indagini. Al momento viene escluso il collegamento con gli altri episodi di violenza esplosi nelle strade affollate da giovani e meno giovani.

Bande di ragazzi

Gruppi di ragazzi si presentano nei locali con le peggiori intenzioni. Cercano lo scontro, accendono con un pretesto la miccia per misurare la loro forza e comandare sugli altri. Hanno iniziato bevendo oltremisura in un fetta di città senza regole (c’è chi ostina a definirla movida), hanno proseguito facendo a botte e infine si sono armati. Il più forte, o per dimostrare di esserlo, tira fuori la pistola e uccide un suo coetaneo.

In discoteca al Notr3 in tanti hanno visto. A partire da coloro che hanno preso il corpo di Celesia e lo hanno trascinato in strada, fuori dal corridoio che porta all’ingresso posteriore dove si è consumato il delitto. I loro volti sono nei video. C’è pure un frame che immortala il più grande dei fratelli fermati con la pistola in mano nei momenti successivi al delitto.


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