CATANIA. S’infittisce il giallo attorno all’omicidio del paternese Natale Pedalino (66 anni). Ieri si è concluso l’incidente probatorio richiesto nell’ambito delle indagini preliminari condotte per far luce sull’efferato delitto avvenuto lo scorso 19 dicembre. Presente in aula anche il belpassese Giulio Arena (57 anni), il docente di musica ad oggi unico indagato accusato di aver trucidato il suo giardiniere di fiducia con almeno trenta coltellate e di averne poi gettato il corpo senza vita in una stradina di Paternò. L’uomo è detenuto nel carcere di Piazza Lanza da quando i carabinieri lo arrestarono su richiesta della procura di Catania. Arena in questi mesi si è sempre professato innocente. Il gip Giovanni Cariolo nel corso dell’udienza svolta a porte chiuse nella I sezione del tribunale di Catania, ha ascoltato il perito Nicolò Polizzi incaricato di analizzare decine di campionature acquisite dai ris di Messina. Gli esami sono stati effettuati sui dei reperti, fra cui della scarpe, un giubbotto e dei coltelli appartenenti ad Arena. Pm titolare delle indagini è Fabrizio Aliotta.
Nessuna traccia riconducibile alla vittima sarebbe stata rinvenuta nella lavanderia della villetta dell’indagato, situata al confine tra Belpasso e Ragalna. Niente neanche nelle lame dei coltelli. Dagli esami spunta invece un elemento nuovo: una macchia di sangue – il cui Dna appartiene alla vittima – trovata nel terzo gradino di una piccola scala mobile perquisita nell’abitazione dell’indagato. Al momento sarebbe questa l’unica traccia certa. Ma l’inchiesta giudiziaria si profila complessa. Sono diverse infatti le tracce rinvenute nella villetta di Arena, dove il Pedalino svolgeva diverse attività agricole da tempo. L’udienza durata circa due ore si è inoltre concentrata su alcuni profili genetici misti individuati in alcuni reperti dove sono presenti due diverse componenti del dna: uno di Arena e l’altro, parziale, probabilmente della vittima. Ma gli esiti delle analisi non hanno affatto convinto la difesa del presunto assassino. I legali di Arena, Salvatore Caruso e Antonio Giuffrida, hanno manifestato la necessità di ricorrere al parere di un loro perito al fine di poter avere una più precisa valutazione del quadro probatorio a carico del loro assistito.
Tra le anomalie del caso rimane al momento l’assenza di un movente. Inizialmente si era ipotizzata una lite per futili motivi. Ma il tribunale del Riesame, aveva ritenuto che ci fossero ragioni ben più gravi dietro l’efferato omicidio. Ad inchiodare il presunto omicida, nelle prime fasi della indagini, sarebbe stata la traccia ematica rilevata dagli investigatori nel freno a mano del suo suv, un Subaru Forester. Secondo gli accertamenti tecnico scientifici quel sangue apparterrebbe alla vittima dell’omicidio. Ma ascoltato dal magistrato, già nella precedente udienza, Arena ha chiarito che la macchia di sangue trovata nell’abitacolo della sua auto risalirebbe ad una vecchia ferita che il Pedalino si procurò durante le attività agricole che era solito svolgere in casa del presunto assassino. Arena ha raccontato di avere preso dalla sua auto un cicatrizzante per medicare la ferita della vittima.