Omicidio Vadalà, i genitori: |"Vogliamo giustizia, non vendetta" - Live Sicilia

Omicidio Vadalà, i genitori: |”Vogliamo giustizia, non vendetta”

I genitori di Salvatore Vadalà

Dopo il ritrovamento del fuoristrada usato per trasportare il corpo di Salvatore Vadalà, i genitori ripercorrono gli attimi che separano l'ultimo abbraccio al figlio dal ritrovamento del suo cadavere.

L'INTERVISTA
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4 min di lettura

FIUMEFREDDO DI SICILIA. Attendono i nuovi sviluppi dell’indagine sull’omicidio del figlio, Mario e Vincenza Vadalà. Una nuova speranza si è riaccesa nei coniugi che da quasi cinque anni attendono che sia fatta giustizia. Il ritrovamento del fuoristrada utilizzato per trasportare il corpo del 22enne di Fiumefreddo di Sicilia sembra essere la pista tanto attesa per risalire ai responsabili del brutale assassinio. Nella loro abitazione, tra le foto di Salvatore appese ad ogni angolo, aspettano che gli esami scientifici diano i risultati sperati.

“Desideravo da tanto tempo che le indagini arrivassero ad una svolta – dice Mario Vadalà – Sono un cristiano ed ho pregato tanto la Madonna di farci questa grazia, almeno per tranquillizzare un po’ mia moglie e mio figlio. Sono un cittadino italiano che paga le tasse e voglio che sia fatta giustizia. Abbiamo fatto tanti appelli, alcuni rimasti senza risposta – prosegue il padre di Salvatore – e abbiamo organizzato fiaccolate per mantenere alta l’attenzione. Continueremo ad organizzarne in sua memoria, in occasione del suo compleanno, del suo onomastico e nell’anniversario della disgrazia. Penso che questa volta ci sia una pista seria per sciogliere questo enigma. Noi non chiediamo vendetta ma giustizia. Voglio che quelli che hanno ridotto così mio figlio, non possano più farlo a qualcun altro”.

Sono stati cinque anni lunghissimi quelli trascorsi senza conoscere la verità, i nomi e i volti degli assassini. Indelebile il ricordo di quel 27 novembre del 2008, l’ultimo giorno in cui hanno visto Salvatore.

“Era sereno. E’ uscito per controllare l’olio nell’auto prestatagli da un amico – ricorda Mario Vadalà – Poi è rientrato ma non ha nemmeno fatto in tempo a cambiarsi che ha ricevuto una telefonata ed è uscito. Da quel momento è sparito. Il telefono non è più stato trovato insieme alla patente, alle chiavi e al marsupio. Gli hanno lasciato solo il giubbotto. L’indomani – prosegue – abbiamo trovato il letto intatto e abbiamo subito telefonato ad amici per chiedere notizie ma nessuno sapeva nulla. Sono andato quindi in caserma e ho denunciato la scomparsa. Ci siamo subito preoccupati perché quando dormiva fuori chiamava e avvertiva. Sono scattate le ricerche, ma nulla”.

Poi Mario Vadalà racconta uno dei momenti più drammatici. “Dopo un paio di giorni mi è arrivato un messaggio – racconta – C’era scritto: “Questi tizi stanno portando suo figlio in auto là sotto e lo stanno ammazzando”. Ho telefonato ai carabinieri e ho raccontato tutto. Il messaggio era partito da una cabina telefonica dalla provincia di Messina. Ma quando i carabinieri sono andati nel luogo indicato, il corpo era già stato spostato dove poi è stato ritrovato”.

Adesso quell’agrumeto dove il figlio è stato sepolto sotto 50 centimetri di terra, per i coniugi Vadalà è un luogo sacro. “Lo abbiamo ripulito con il permesso del proprietario – dice con emozione Mario Vadalà – Abbiamo piantato fiori e messo una foto di Salvatore. Tempo fa qualcuno ha rubato il cancello. Io l’ho rifatto nuovo. Ci andiamo spesso per ricordare nostro figlio”.

Trovare i responsabili di quella morte inspiegabile potrebbe aiutare ad alleviare questo dolore, almeno in parte. “Un poco aiuterebbe – dice con la voce spezzata Vincenza Vadalà – ma non del tutto perché non posso dimenticare mio figlio. Loro questo non lo dovevano fare. Non so cosa abbia fatto mio figlio però questo non lo dovevano fare, perché i figli non si toccano, sono pezzi di cuore. Penso che anche loro abbiano figli. Se qualcuno facesse ai loro figli quello che è successo al mio, vorrei vedere la loro reazione”.

Molti degli amici di Salvatore non si sono più fatti vivi nel corso di questi anni, acuendo il senso di solitudine. Un sentito ringraziamento viene invece rivolto alle forze dell’ordine. “In questi lunghi anni – continua Vincenza Vadalà – i carabinieri ci sono stati molto vicini. Li voglio ringraziare perché mi hanno aiutato molto. Speriamo che le indagini vadano avanti e che scoprano qualcosa. I responsabili devono pagare caro quello che hanno fatto a mio figlio”.

Un certo ottimismo per le ultime importanti novità trapela anche dalle parole del legale della famiglia Vadalà, Deborah Cristina. “Credo che si sia aperto un varco di speranza enorme – dichiara l’avvocato Cristina – In questi lunghi anni i coniugi Vadalà si erano un po’ rassegnati, ma la verità è che gli inquirenti hanno sempre lavorato con grande professionalità nel silenzio. Il ritrovamento del fuoristrada utilizzato per trasportare il corpo del povero Salvatore, fatto sparire subito dopo l’omicidio, rappresenta un elemento molto importante. So che la scientifica ha svolto un lavoro certosino. Ho grande fiducia – conclude Deborah Cristina – che si possa giungere finalmente alla verità”.

 

 

 


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