L’omicidio di Valentina Giunta, figlio condannato pure in appello - Live Sicilia

L’omicidio di Valentina Giunta, figlio condannato pure in appello

La sentenza è uscita pochi minuti fa: nessun commento da parte del legale del ragazzo, che aveva chiesto una riduzione di pena
CORTE D'APPELLO
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CATANIA. La Corte d’appello presso il Tribunale minorile di Catania ha confermato la condanna. Prende 16 anni anche in appello il figlio minorenne di Valentina Giunta, che uccise sua madre poco meno di un anno fa. Il delitto, che risale allo scorso luglio, avvenne a due passi dal Castello Ursino.

Il ragazzo, all’epoca quattordicenne, è dunque ritenuto colpevole anche in appello di omicidio volontario, l’accusa – da lui confessata – per cui fu arrestato qualche giorno dopo il delitto dalla squadra mobile catanese. Valentina, si ricorda, aveva 32 anni.

Il legale del ragazzo, l’avvocato Francesco Giammona, aveva chiesto in aula, sia in primo grado che in appello, il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. In caso di accoglimento, la pena sarebbe scesa. La difesa ha messo in risalto, tra i vari punti, le tensioni del periodo antecedente al delitto e gli effetti che queste potrebbero aver avuto sul minore.

Ma la Corte d’appello ha confermato il verdetto del Gup Rosalia Castrogiovanni. Nessun commento per il momento da parte del legale del minorenne. Il ragazzo è stato processato con rito immediato. Questo, oltre alla celerità dei processi minorili, ha fatto sì che si arrivasse alla sentenza d’appello in meno di un anno dal grave fatto delittuoso.

Il movente: temeva che volesse allontanarlo da suo padre

In aula al processo di primo grado era presente in veste di parte lesa la famiglia della donna, assistita dall’avvocato Salvatore Cannata. Secondo quanto emerso già all’epoca dell’arresto, i rapporti tra la giovane madre e figlio erano tesi da tempo e l’omicidio sarebbe maturato al culmine di una lite.

Il ragazzo sarebbe stato legatissimo al padre, che era in carcere e sotto inchiesta perché ritenuto coinvolto in una organizzazione specializzata in furti d’auto. Il quattordicenne ha spiegato di temere che la madre lo volesse allontanare da lui e dal nonno paterno, anche lui rimasto coinvolto nell’inchiesta della Procura di Catania.

Nella confessione, lui aveva aggiunto che sua madre a un certo punto avrebbe preso in mano un coltello dicendogli: “Se non torni con me…”; ma senza formulare nessuna minaccia specifica. Nonostante questo, la sua reazione fu feroce: direttamente dalle sue agghiaccianti parole.

“Io le toglievo ii coltello dalle mani – ha dichiarato – e la colpivo. Io potevo andare via anche perché lei era mi girava le spalle e cercava di allontanarsi, invece io continuavo a colpirla alla schiena”. Una tesi che già il giudice in primo grado ha ritenuto “poco verosimile”.

Per disarmare la madre, scrisse il giudice, il ragazzo “avrebbe dovuto riportare qualche ferita nelle mani, atteso che avrebbe dovuto, per impossessarsi dell’arma, prenderla dal lato della lama, essendo l’impugnatura nella mano della madre, lesioni che il ragazzo non riporta”.

La cronaca di quel giorno e l’intervento delle Volanti

I contrasti sarebbero stati frequenti. Secondo quanto è emerso dopo il delitto, la donna, per il medico legale, sarebbe stata colpita “con un’arma da punta e taglio al collo, al fianco e alla spalla sinistra che le cagionava la lesione di grossi vasi sanguigni con shock emorragico, che ne determinava la morte”.

Il corpo di Valentina Giunta è stato trovato dalla polizia nella casa a San Cristoforo. I poliziotti della sezione volanti erano intervenuti su segnalazione della sorella della vittima, che temeva fosse in pericolo. Sul posto in breve anche il 118, ma per la donna, purtroppo, non c’è stato nulla da fare.


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