CATANIA – Sono iniziati già ieri gli interrogatori di garanzia degli indagati, arrestati dai Ros, dell’operazione Caronte che ha “azzerrato” un’organizzazione che avrebbe “operato” per permettere l’infiltrazione di Cosa nostra catanese in diversi settori economici della provincia, tra cui trasporti, edilizia e grande distribuzione alimentare. Il Gip Gaetana Distefano Barnabò ha ascoltato i destinatari dell’ordinanza che ha fatto scattare le manette anche ad imprenditori.
Alcuni hanno deciso di rilasciare dichiarazioni spontanee per difendersi dalle pesanti accuse della magistratura. Tra queste Santo Massimino, già finito nel ciclone dell’inchiesta Iblis che ha portato anche al sequestro di alcune aziende a lui riconducibili.
L’imprenditore acese ha deciso di difendersi davanti al Giudice. Nei capi d’imputazione Massimino è indagato perché mediante minaccia “derivante dall’appartenenza all’associazione di tipo mafioso” avrebbe costretto – scrive il Gip nell’ordinanza – “Salvatore Palella, già proprietario delle quote sociali dell’Acireale Calcio a pagargli, tramite bonifico bancario la somma di 5mila euro per l’utilizzo del marchio della medesima squadra nella stagione 2012/2013”. In particolare, secondo gli investigatori l’imprenditore avrebbe coinvolto nella trattativa Enzo Ercolano.
La verità di Massimino. “A differenza di quanto apparso in alcune testate giornalistiche catanesi”, i difensori dell’imprenditore precisano che “erroneamente da quanto è stato scritto, e cioè che Santo Massimino interessò Enzo Ercolano della vendita del marchio dell’Acireale Calcio, da quanto risulta anche dagli atti e dalle dichiarazioni reso dal presidente Salvatore Palella, fu proprio quest’ultimo a far partecipare ad un solo incontro Enzo Ercolano. Santo Massimino ha rilasciato al Gip dichiarazioni spontanee allo scopo di chiarire la sua posizione. Ora l’auspicio è che ci sia una celebre definizione della vicenda processuale”.