PALERMO – Dall’invocazione dei “nani da giardino” alle assonanze con un noto programma tv sulle cerimonie, la nuova area verde di Palazzo d’Orleans sta ispirando la fantasia dei siciliani. E anche se prima o poi la polemica passerà, resteranno due dati di fatto: l’opera in sé, ormai fissata nel tempo, e la spesa di oltre 920 mila euro per realizzarla. Ecco perché, al di là del colorito dibattito che in queste ore tiene banco sui social, abbiamo chiesto ad alcuni esperti un giudizio tecnico ed estetico: il nuovo acquisto della presidenza della Regione è davvero fuori luogo?
“Non si tratta solo di gusto, ma di competenze”
Manfredi Leone, docente di Architettura del paesaggio presso il Dipartimento di architettura dell’Università di Palermo, non ha dubbi. “Il primo tema – osserva – è che, se c’è una campagna di indignazione generale, evidentemente questa realizzazione non è stata del tutto azzeccata. Non si tratta solo di estetica o di gusto, ma di competenze: il contesto è molto delicato, trattandosi di un’area che comprende Palazzo d’Orleans e Palazzo dei Normanni con tutto quello che significa il portato storico di questi due edifici”.
Secondo Leone, “se questo lavoro lo avesse firmato un paesaggista, sicuramente si sarebbe posto problemi che poi alla fine sarebbero ricaduti anche sul gusto e sull’estetica. Magari evitando l’inserimento di piante con potature ‘estreme’, o la scelta di un prato all’inglese con tutte le problematiche di irrigazione che comporta, ma anche l’impiego delle fontane false antiche e la realizzazione di un progetto che io reputo fuori scala. Per capirci meglio: ammesso che ci piaccia questo parterre – spiega – avremmo comunque avuto bisogno di uno spazio di fruizione più ampio, che non fosse quello di un giardino recintato che finisce praticamente sul ciglio della strada. Peraltro con alle spalle un edificio che forse, per ruolo istituzionale e forza monumentale, avrebbe avuto bisogno di soluzioni più misurate”.
“Nessun dibattito, nessuna discussione”
“Ci saremmo aspettati che nei confronti di un’area così delicata le attenzioni fossero diverse – sintetizza Leone, fra le altre cose progettista del parco Uditore – e invece non c’è stato nessun dibattito, nessuna discussione. Soltanto l’opera disvelata dopo essere stata tenuta segreta per mesi, a fronte di una cifra che francamente appare esorbitante. Il nostro dipartimento e il corso di laurea in Architettura del paesaggio in cui io insegno lavorano per formare paesaggisti consapevoli, e ci dispiace che da un’istituzione di altissimo rango arrivi questa occasione persa”.
“Se c’era bisogno delle fontane? Credo di no…”
Sottolinea l’importanza di un dibattito mai avvenuto anche Giuseppe Antista, storico dell’architettura e docente di Storia dell’arte all’Accademia di belle arti di Palermo. “Forse una discussione iniziale di alto livello, parlandone con la cittadinanza e interpellando ospiti autorevoli, avrebbe evitato questi errori. Se c’era bisogno delle fontane? Io credo di no…”, ironizza Antista, critico anche su Facebook con un post che ha ricevuto vari consensi dal mondo dell’architettura. A Live Sicilia precisa che “non si tratta di fare polemica né attacchi diretti a chi si è occupato dell’opera, ma di far riflettere su certi temi poco trattati. Il patrimonio di Palazzo d’Orleans è di tutti noi siciliani, a prescindere dal presidente in carica”.
“Mi hanno colpito queste fontane finte antiche di fronte a un palazzo settecentesco – prosegue –, che uno storico dell’architettura vede come un’incongruenza: perché una scelta del genere quando l’architettura contemporanea può fare ben altro? Perché usare fontane che sembrano uscite dal Cinquecento quando un’opera del nostro tempo può sposarsi perfettamente con la storia antica? Fra non molto queste fontane si anneriranno e nessuno si renderà più conto dell’effetto ‘finto antico’. Sembreranno solo delle vecchie fontane prese da un’altra parte e impiantate dove sono ora”.
“Concettualmente inaccettabile”
Lo storico dell’architettura lascia fuori dal dibattito certi piccati commenti sulla nuova area verde di Palazzo d’Orleans, da parte chi ha colto “un certo ‘stile Casamonica’ o le somiglianze coi finti castelli medievali di Disneyland. Piuttosto – aggiunge – dal canto mio ho avuto modo di girare tante città e ho sempre visto che fuori dai palazzi storici l’architettura contemporanea ha una grande dignità. Il contemporaneo può dialogare con l’antico. Un esempio estremo su tutti è il Louvre con la sua piramide realizzata dall’architetto giapponese Ieoh Ming Pei, ma non è l’unico”.
Antista menziona anche La Valletta, capitale di Malta, “dove l’edificio delle istituzioni all’ingresso della cittadella storica cinquecentesca è stato realizzato dal nostro Renzo Piano. Lui però non ha certo realizzato finte mura, ma un edificio contemporaneo, non ambiguo e in armonia col resto. Insomma – conclude – bastava migliorare l’arredo urbano senza falsità. Non è una scienza esatta ma per un’aiuola, due fontane, sfere e catene varie, oltre 900 mila euro sono una cifra rilevante rispetto al risultato ottenuto. Abbiamo speso soldi per un’opera concettualmente inaccettabile, e che imbruttisce la città”.
“Esposizione di un garden center”
Non va certo per il sottile Franco Miceli, presidente dell’Ordine degli architetti di Palermo. Intervenendo nel merito, prima mette “da parte ogni considerazione sul progetto e sulla competenza paesaggistica degli autori che sembrano trarre suggerimento, per l’adozione di arredi e coperture, dalla più banale esposizione di un garden center”. Poi osserva “ancora una volta come, al di là di ogni pretestuosa motivazione in merito ai costi economici, anche la condotta di un’amministrazione pubblica di livello massimo aggiri l’adozione del concorso di progettazione alla ricerca della migliore qualità nell’architettura e nel paesaggio”.
Un’attenzione che secondo Miceli sarebbe stata “particolarmente doverosa” per varie ragioni: innanzitutto “in considerazione dei valori architettonici del Palazzo d’Orleans, che è accompagnato da un giardino in stile romantico gardenesque di assoluto valore”, ma anche per via “della prossimità con il giardino dei bastioni del Palazzo Reale, recente oggetto di un recupero della Fondazione Federico II con la collaborazione dell’Università di Palermo”. Miceli inoltre nota una “assoluta indifferenza” verso i “valori storici del luogo, il paradiso della Terra un tempo occupato dal normanno Genoard”. Il presidente degli architetti del capoluogo auspica che “più che una polemica possa aprirsi un reale dibattito costruttivo, che coinvolga tutti i soggetti competenti e interessati”.