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Con la chiusura del canile municipale, causa sovraffollamento, è bene conoscere le diverse razze canine panormite che si potranno incontrare per strada durante la stagione estiva.

Qualche ora prima, l’allarme lanciato dalla Lida, la Lega Italiana dei Diritti degli Animali: a Palermo e provincia restano soltanto sette volontari in totale disposti a occuparsi dei randagi della zona. Per fortuna che c’è il canile comunale. Poco dopo, con un tempismo da film catastrofico, arriva la controbattuta di via Tiro a Segno: il canile chiude per sovraffollamento. Questa la premessa. Segue una dissolvenza in nero con musica cupa, corni inglesi che imitano gli ululati, latrati e frigni della fauna canina protagonista dell’immaginario popolare palermitano, classificabile in tre categorie: cani di mannara, cani di pignata e cani di bancata. Mi picco di darne definizione, visto che, stando così le cose, i mala-cani palermi-cani popoleranno in gran numero le nostre strade, i nostri giorni, le nostre notti e la nostra raccolta differenziata. Dovendo averci a che fare a mani nude, sarà meglio conoscerli.

Per cane di mannara – “mandria” in italiano – è da intendersi cane di oneste origini, mite nell’indole, aggressivo esclusivamente per dovere, dedito alla difesa del gregge e dotato più di ugola potente che di canini affilati. E’ il classico lupo che convive con l’agnello, una bestiola che si pregia di una citazione biblica.

Dicendo cane di pignata (“da pentola”) si fa riferimento, invece, a un animale più abile nella masticazione che nel movimento degli arti. Gonfio di pancia fin dalla cucciolata, è un apparato digerente su quattro zampe, dotato di pigra fedeltà e infallibile olfatto. Pronto a ingurgitare qualunque cosa gli si schiaffi sotto il tartufo, fa la felicità dei bambini, che si divertono a ingozzarlo, e la frustrazione dei padri, costretti a spendere un patrimonio per placare l’ingordigia dell’animale.

Il cane di bancata (di bancarella da mercato) è una sottospecie del precedente, ma dotato di più malizie. Cresciuto all’ombra del ceppo dei macellai e dei calderoni di frattaglie lesse, attende paziente che gli piova di che mangiare dalla mano frettolosa del padrone, ma ha imparato la legge implacabile dei mercati: ogni mattina si sveglia un cane di bancata più grosso di te che si prepara a strapparti dalle fauci l’osso vaccino o il mollame di porco. Per questo il cane di bancata sa mordere, è capace di improvvisi furori e si candida al ruolo di anello di congiunzione tra le succitate categorie di bestiole e l’involuzione che le attende in questi tempi di magra. Ovvero, quella che raggrupperà cani di mannara, pignata e bancata in un’unica specie traumatizzata, sfregiata nell’indole e nella mansuetudine: quella dei canazzi.

Randagi suona più accademico, ma volete mettere con canazzi? O meglio: palermicanazzi?

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