Quanti modi ci sono di essere palermitani? Chissà. Noi proviamo a raccontarvene alcuni, tra i noti o i meno noti ai più.
Sofia Muscato si presenta al cospetto del caffè in programma con un’aria compita. E tu – che hai appena ripreso fiato dalla risata che eruppe, leggendo il suo ultimo post – quasi non la metti a fuoco, in tanto aplomb istituzionale.
Deve essere un po’ di timidezza, in effetti. Nelle cose brillanti che Sofia scrive – su carta, su facebook, sui muri – appena discosto, c’è un ravvisabile calco della malinconia che rammenta certi cunicoli in penombra delle più sfolgoranti terrazze sonore di Rossini. Comunque, di Sofia già molto si sa. In ordine casuale: che è fidanzata dell’attore Marco Manera, un altro talento, che ha inventato uno stile tutto suo per raccontarsi, che, ovunque scriva – sui muri, etc etc… – riesce a dimostrare come ogni parola possa essere, a suo modo, linguaggio e letteratura. E’ un caso di scuola: una pagina facebook come un teatro, con un seguito notevole – chi non ne ha sentito parlare – che non rinuncia mai alla qualità, quasi un fenomeno di costume.
Il caffè, dunque, due chiacchiere. Il primo sorriso a bordo tazzina. Nel frattempo, sul profilo facebook di Sofia piovono faccine, cuoricini e pollicioni alzati, in segno di gradimento.
“Non scrivo per i like – dice lei – ma per le persone e per me. La gratificazione più bella è sentire l’affetto di cui sono circondata, che è ricambiato, mentre mi sforzo di fare ridere e pensare”. Faccina (reale) un po’ pensierosa: “Qualcuno, magari, mi scambia per una psicologa e mi contatta, ma io spiego subito quali sono i miei limiti. C’è chi mi dice che la sua giornata ha preso una piega migliore, dopo avere letto qualcosa di mio, e non posso che esserne felice”. Adesso i sorrisi si susseguono, come sulla pagina, appunto, le faccine. Ma qui siamo nel mondo tridimensionale che i nostalgici chiamano, ostinatamente, vita. Lo testimonia il profumo del caffè. “Io, per fortuna, non mi sento mai sola – continua Sofia – faccio sempre gruppo, ho delle persone di cui mi prendo cura e che si prendono cura di me”.
Un carnet pieno di tante esperienze. E poi ci sono i classici rimasticati con l’umorismo, messi in scena e rappresentati in uno specialissimo ‘sofiese’. Per esempio, ‘Il Fedone’, dialogo platonico, in cui si narra, abbondantemente filosofeggiando, della morte di Socrate. Basta citare il titolo della riduzione: “Come stai? Morto bene, grazie!”.
“La passione per la filosofia – dice colei che ha il nome in rima – l’ho presa, soprattutto, da mio papà, Giuseppe. Ogni volta che ci riuniamo, ho l’impressione di rivivere un simposio, un contesto in cui tutti si parlano e si ascoltano, finalmente senza ostacoli. E sono tanti quelli che vengono. I giovani, i più anziani, con una attenzione e una fedeltà che mi stupisce. Mi piace moltissimo andare in giro per le scuole e cogliere i ragazzi talmente attenti e diversi dal ritratto superficiale con cui spesso vengono tratteggiati. Non ho una strategia, non seguo le regole della comunicazione. Sono me stessa, almeno ci provo”.
Una freschezza che si va facendo strada. Infatti, il ringraziamento a chi è intervenuto al più recente simposio tocca le corde di una comunità estesa: “Volevo ringraziare tutti coloro che ieri sono venuti a vedere il Fedone di Platone. Per me, non siete solo spettatori. Siete, soprattutto, parte di un grande circolo d’amore che mi commuove”.
Così è un po’ Sofia, leggera, ma vigile, fra ironia e timidezza, sorseggiando il caffè. E ognuno ha un frammento preferito di quella musica variegata. Per chi scrive, per esempio, è questo: “Essere mamme è una vocazione che prescinde da un parto naturale o cesareo che sia. Si può essere mamme anche prendendosi cura delle anime altrui. Conosco donne che sanno essere mamme pur non avendo mai allattato alcun figlio”. Di Rossini c’è chi preferisce le penombre alla terrazza.