Il cuore ferito di Palermo vuole compiere un primo passo verso la speranza, dopo una degenza lunga e dolorosa. E questa speranza ha un nome secolare: democrazia.
Il clima delle primarie non ha fornito una buona impressione, la sottolineatura è un eufemismo. In pubblico: foto di gruppo sorridenti e strette di mano, secondo l’uso della migliore tradizione sovietica. Icone ufficiali scolpite sul centimetro dell’ortodossia più ipocrita e coltelli volanti appena dietro le quinte. Abbastanza normale per il centrosinistra che trova sempre il metodo con più alta attitudine masochista per dilaniarsi e presentarsi a brandelli. Poi, quella zona geografica e spirituale della politica in Sicilia ha un retrogusto di sfascio in più. Il cronista dei posteri – se vorrà – ripercorrendo la complicata storia delle primarie di Palermo troverà di tutto.
Un ex sindaco con la sua immagine colossale e debordante a schermare e rimpicciolire la candidata “ufficiale”. Le impronte digitali di Raffaele Lombardo dappertutto. Competitor con i panni sciacquati nell’Arno. Legioni straniere di pensatori. Idee para-sociali degne delle Cina di Mao. E nemmeno una ricetta concreta, una parola efficace, una parafrasi vera circa la miseria terribile del tempo presente. Non a caso, ancora una volta, il sottofondo di rissa politicante è stato sovrastato dalla voce limpida di un commissario dello Stato – una donna perbene -asserragliato a Palazzo delle Aquile.
Se coloro che hanno denunciato “lo sfascio terribile della gestione Cammarata”, secondo il ritornello abituale, riusciranno a perdere, tra queste ombre e in questi vicoli scuri e contorti, un volenteroso Poirot di domani dovrà concludere che fu sindrome da suicidio collettivo.
Eppure la città, oggi, ha l’occasione di rimettersi in moto, di porgere un sorso d’acqua alla sua gola inaridita, scegliendo. Certo, siamo solo ai round iniziali. Certo, da qui a maggio ne vedremo delle belle. Certo, è una consultazione che riguarda una delle anime contendenti, al netto di verosimili truppe cammellate. Tuttavia, è il gesto in sé a contenere una memoria suprema di salvezza. L’atto del cittadino che si reca nei luoghi della democrazia e stabilisce cosa comincerà a respirare, è già un patrimonio inestimabile. E speriamo che non venga offuscato dalle polemiche del minuto dopo.
Palermo, in questo 4-3-2012, può ricominciare a respirare. Può decidere davvero cosa sarà che dobbiamo cercare.