Palermo, amore vietato fra rampolli dei boss: "U capisti c'ammazzò Tony?"

L’amore vietato fra rampolli dei boss: “U capisti c’ammazzò Tony?”

Le intercettazioni sull'omicidio di Giuseppe Di Giacomo

PALERMO – Una storia d’amore osteggiata ha fatto emergere la prova chiave che ha portato in carcere Onofrio Lipari, accusato di essere il killer di Giuseppe Di Giacomo, reggente del mandamento di Porta Nuova.

Si tratta di un ritorno in cella: Lipari è stato scarcerato la settimana scorsa dopo avere finito di scontare una condanna per mafia. Il suo ritorno in libertà è stato festeggiato con tanto di fuochi di artificio in strada.

La famiglia Lipari intercettata

Il figlio dell’uomo assassinato, che ancora bambino si trovava in auto assieme al padre il giorno del delitto, si era fidanzato con una nipote di Lipari. Ed erano il padre, la madre e il fratello della persona arrestata a parlare dei fidanzatini in un’intercettazione decisiva per le indagini.

“E vabbè e se si vogliono bene, che fa che se ne scappano?… che meglio è?”, diceva la donna. “Perché a quello non l’ammazzò Tony?… u capsti c’ammazzò Toni? (lo hai capito che lo ha ammazzato Tony?)”, aggiungeva il fratello.

I Lipari temevano che il ragazzo si fosse fidanzato con la nipote per organizzare una ritorsione nei confronti dell’assassino del padre.

Le altre intercettazioni

Non sono gli unici elementi raccolti dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale, raccolti nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari Filippo Serio. Una persona vicina ai Lipari diceva al titolare di una fiaschetteria che l’indagato per omicidio era “quello che ha ammazzato a Giuseppe”.

E c’è anche la conversazione di Francesco Zizza, esponente di Porta Nuova, intercettata nell’ottobre 2021. Il suo interlocutore diceva che “Tony… prima di ammazzare a Giuseppe è venuto a cercare a suo padre
…omissis…. è venuto da me… dice: ma com’è che non c’è?”.

Le parole del pentito

Infine si sono aggiunte le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Alessio Puccio, raccolte dai pm coordinati dal procuratore Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido. Ha spiegato di avere saputo in carcere da Fabio Pispicia, cognato di Tommaso Lo Presti (il fratello Salvatore è uomo d’onore del mandamento): “Siamo andati in un’altra cella e lui mi ha detto che l’omicidio lo aveva commesso Onofrio Lipari per ordine di Tommaso Lo Presti”.

Pispicia, pochi giorni dopo il delitto, era stato fermato in macchina. Aveva una pistola e un passamontagna. Si era pensato ad un collegamento, mai confermato, con l’omicidio. Pispicia in carcere si era detto tranquillo: “Sapeva che le armi trovate non erano quelle dell’omicidio Di Giacomo – ha messo a verbale Puccio – perché le armi e la moto usata per l’agguato (disse un Sh scuro) erano stati fatti sparire. Lui stesso, per ordine di Tommaso Lo Presti, aveva distrutto armi e moto”.

Il movente

La richiesta di arresto ha retto nei confronti di Lipari, ma è stata respinta per Lo Presti, indicato dai pm come il mandante dell’omicidio: un modo per sbarazzarsi di Di Giacomo che aveva approfittato della sua detenzione per soffiargli il posto di reggente del mandamento.

Puccio ha riferito di avere saputo “da Fabio Pispicia che è stato Tony, Tony sarebbe Onofrio Lipari, dice perché Di Giacomo era diventato assoluto, perché essendo che suo fratello Giovanni (Giovanni Di Giacomo, killer ergastolano) gli dava le direttive dal carcere, lui si sentiva troppo onnipotente e aveva dato uno schiaffo a Tommaso Lo Presti, per questo scatta la furia”.

Richiesta di arresto respinta per Lo Presti

Una volta scarcerato Lo Presti avrebbe armato la mano di Lipari che ci avrebbe guadagnato il controllo del “pannello” e cioè le scommesse sportive gestite dalla vittima. Le intercettazioni sono state decisive nella valutazione della posizione del trentenne arrestato per omicidio, mentre per Lo Presti, nonostante i racconti di Puccio siano ritenuti “intrinsecamente attendibili”, mancano gli “idonei riscontri”.


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