Palermo, piazza Ingastone. Rione Zisa. Il fetore ammorba l’aria. I cumuli di spazzatura impediscono persino il transito a piedi. I commercianti sono esasperati. Uno di loro chiede aiuto. Non chiama il Comune, né la Rap.
Sa che per tentare di risolvere la faccenda, che si ripete con una puntualità disarmante, gli resta l’aiuto del mammasantissima. E così si rivolge a Giuseppe Incontrera, boss emergente di Porta Nuova, assassinato la settimana scorsa con tre colpi di pistola, per fare togliere la spazzatura dalla strada.
La mafia, seppure stracciona e fiaccata dai continui arresti, continua ad essere l’anti-Stato in grosse sacche della città. Accade, “banalmente”, perché lo Stato non c’è.
“Le attività di indagini hanno consentito di appurare che Cosa Nostra palermitana controlla in maniera ancora asfissiante e totalizzante la vita sociale nei quartieri, sia in relazione alle attività illecite sia a quelle lecite”. Così scrivono i magistrati della Direzione distrettuale antimafia nella richiesta di convalida dell’arresto delle 18 persone fermate nei gironi scorsi.
Basterebbe già questo per comprendere la condizione in cui versa la città: “I vertici e gli uomini d’onore del mandamento di Porta Nuova costituiscono un punto di riferimento per i delinquenti comuni, ma anche per operatori economici e semplici cittadini”.
I mafiosi intervengono per fare rimuovere la spazzatura, magari facendosi aiutare da qualcuno di loro che lavora alla Rap. Se non provvede il Comune deve occuparsene il boss della piazza, dimostrando di essere più efficiente della pubblica amministrazione. È il cuore di una questione che da criminale diventa sociale.
Anche in questo modo si acquisisce prestigio e potere. I boss si gonfiano il petto e intervengono per autorizzare i venditori ambulanti di sigarette; per fare piazzare sedie e tavolini all’esterno dei locali; per sedare liti di vicinato e regolare la concorrenza fra commercianti; per mettere la pace tra famiglie la cui serenità è solo apparentemente scossa dalla fuitina dei figli e allora va organizzato il matrimonio riparatore; per autorizzare l’apertura di una sala da barba.
I boss intervengono persino per calmierare i prezzi delle mascherine anti Covid. Un ambulante abusivo vendeva i dispositivi a un prezzo eccessivo. Cinque euro. Lo picchiarono: “Non ne vendi mascherine cornuto che sei… ci sono cristiani che non si possono comprare le mascherine, stiamo morendo tutti… arriva un crasto di questi, vede il business e qua sti critiani…”, diceva Incontrera.
Il boss corse in auto dei deboli, acquisendo prestigio in una fetta di città dove la mafia difende la povera gente e offre lavoro ai picciotti con lo spaccio di droga. Lo dovrebbe fare lo Stato, ci pensa la mafia. Stracciona, ma sempre capace di regolare la vita nelle borgate. A sparigliare le carte ci si è messa la “Cittadinanza”. Così Incontrera definiva quel reddito di cittadinanza che ostacolava il reclutamento dei “picciutteddi” per lo spaccio.
“Che ci vengo a fare”, gli rispose qualcuno che “ha già 1.200 euro al mese” di sussidio. Il che potrebbe anche essere un fattore positivo: lo Stato ha stoppato una nuova carriera criminale. Bisognerebbe allora conoscerla la storia di chi ha rifiutato il lavoro dalla mafia. Magari potrebbe diventare una vera storia di riscatto.
Inutile farsi troppe illusioni, tenendo conto che in tante altre occasioni mafiosi e spacciatori sono stati sorpresi ad incassare il reddito di cittadinanza. Toglievano i soldi alla povera gente, a chi ne ha davvero bisogno, sfruttando l’assenza preventiva dei controlli.
I blitz si ripetono. Il lavoro repressivo delle forze dell’ordine c’è, ma ci sono zone della città rimaste nelle sabbie mobili. “Il controllo pressante e generalizzato di tutti gli aspetti del vivere quotidiano – scrivono ancora i magistrati di Palermo – è anche finalizzato ad escludere e ridimensionare l’intervento e la presenza dello Stato: diventa così una grave colpa, da punire severamente, il ricorso alle vie legali e, ancor più, la richiesta di intervento di una pattuglia delle forze dell’ordine per risolvere un problema”.
Palermo è anche questo. Girarsi dall’altra parte è la più grave delle colpe.