PALERMO – Nella casa di risposo si guadagnava una miseria. “Perché noialtre non vogliamo essere ammazzate. Siamo bestie? Siamo persone… me ne vado pure io e si vanno a cercare gli schiavi… queste soverchierie sono, al momento di pagare non mi pagano mai, mi sono scocciata.. una butta il sangue a lavorare… a me non mi ricattava manco mio padre che mi ha fatta… mi ricatta per quindici euro al giorno“. Le microspie piazzate dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria hanno registrato lo sfogo amaro di una lavoratrice della casa di riposo “Villa Valenti” finita sotto sequestro.
Pagati 2,40 centesimi l’ora
Nell’appartamento di via Ruggero Marturano c’erano tre dipendenti, tutti in nero e con stipendi da 500 a 800 euro al mese per lavorare anche di notte. Paga oraria: 2 euro e 40 centesimi. Manovalanza sfruttata – ai due gestori viene contestato il reato di caporalato -, non qualificata per occuparsi degli anziani ospiti. La struttura è stata commissariata e prosegue l’attività, mentre i titolari Francesco Paolo Valenti e Matteo Li Mandri sono stati stoppati per un anno. “Non viene più, ha preso il posto, tutto buono e benedetto, messa in regola, tredicesima, quattordicesima, le ferie, vacanze, ha trovato il posto in regola… noi che abbiamo qua? Niente…“, diceva un altro dipendente commentando il fatto che qualcun altro aveva trovato un lavoro vero.
L’anziana morta in ospedale
Il trattamento economico e la gestione si ripercuoteva drammaticamente sull’assistenza garantita ai pazienti della casa di riposo. Come la mamma della donna che ha denunciato dando il via all’inchiesta della Procura di Palermo. La madre non riusciva a deglutire ed era ridotta “pelle e ossa”. Quando è arrivata in ospedale, quattro giorni prima di morire, come hanno ricostruito le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Laura Vaccaro e dal sostituto Maria Rosaria Perricone, era già in condizioni critiche.
Meglio la casa di riposo che…
Anziani assistiti male e stipendi da fame che venivano accettati per contrastare situazione disperate: “Io l’ho fatto per togliermi da mezzo alla strada, a frequentare persone che non vanno, perché stavo ricominciando di nuovo a bere, io solo per questo ti ho detto di sì… Io me ne voglio andare direttamente”. E si accontentavano di 500 euro al mese. In realtà gliene spettavano mille e 400. Una condizione che si riscontra spesso in una città dove il lavoro è un miraggio.