PALERMO – Il caso Mondello approda al parlamento nazionale. Il senatore Carlo Calenda ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno sulla presenza di parenti, incensurati, del boss Salvo Genova tra i dipendenti della Immobiliare Italo-Belga che gestisce in concessione demaniale una parte della spiaggia palermitana.
La Commissione regionale antimafia, presieduta da Antonello Cracolici, ha convocato il deputato regionale Ismaele La Vardera di Controcorrente, che ha sollevato la questione. L’audizione è fissata per martedì 30 settembre. La Vardera si era già rivolto alla guardia di finanza e, come egli stesso conferma, la prossima settimana sarà ricevuto dal prefetto Massimo Mariani.
La questione è diventata politica, ma c’è un tema strettamente investigativo rimasto irrisolto a distanza di due anni dall’arresto di Salvo Genova, capomafia di Resuttana. La vicenda coinvolge Girolamo Genova – dipendente della Italo-Belga così come due suoi figli e un nipote – e riguarda i beni del fratello Salvo, boss di Resuttana (tornato in carcere nel 2023 dopo esservi rimasto a lungo per una precedente condanna).
Nelle intercettazione del blitz di due anni parlavano di una somma di denaro passata sotto la custodia di alcuni componenti della famiglia Genova. A discuterne, come anticipato ieri, erano Benedetto Alerio e Giuseppe Mesia, condannati nei mesi scorsi assieme a Salvo Genova.
I soldi “messi da parte”
Il dialogo è stato intercettato dai poliziotti della squadra mobile e va riportato nella sua interezza. “Ma no che non si è visto con suo fratello, non ci credo”, diceva Alerio a Mesia. Quest’ultimo, che di professione fino al suo arresto faceva il commercialista, era certo: “Non si è visto”. “Ma non può essere. Non dire fesserie”, lo incalzava Alerio. Nel passaggio successivo arriva il riferimento ai soldi: “Lui li ha messi da parte, no che se li è mangiati… li ha lui conservati i soldi… Mimmo”.
“E di chi sono?”, insisteva Alerio. “Di Salvatore… glieli hanno dati in consegna a Bartolo prima – aggiungeva il commercialista – me lo dice lui (Salvo Genova ndr) che fa se lo inventa?… soldi conservati perché non se li deve prendere… i suoi soldi?”. Una vicenda di cui era a conoscenza un altro pezzo grosso della mafia di Resuttana, Sergio Giannusa.
Sempre Mesia spiegava ad Alerio le tensioni in casa Genova: “Con suo nipote (Bartolo Genova, figlio di Mimmo, già condannato per mafia e pure pizzicato qualche anno perché incassava il reddito di cittadinanza ndr) siamo già a cattivi discorsi… prima deve risolvere questo problema con suo fratello dei centomila euro”. Il capomafia era inferocito, perché “iddu nun si prisintò” (il fratello Girolamo non si era presentato ndr) e lo voleva “scannare”. Una questione familiare che non ha avuto uno sbocco processuale. Né per questa né per altre Girolamo Genova, settantenne impiegato da decenni alla Italo-belga, è stato chiamato a rispondere. Resta un incensurato.
L’interrogazione di Calenda
Il capitolo investigativo sui soldi è ancora aperto. Nel frattempo il caso Mondello è diventato anche politico. Per ultimo è intervenuto Calenda. Nella sua interrogazione al ministro dell’Interno il leader di Azione, dopo avere scritto che “la società concessionaria (la Italo-belga ndr) corrisponde all’erario regionale un canone di circa 56.000 euro e ricava dai gestori degli stabilimenti proventi che oscillano, a seconda degli anni, tra i 4 e i 7 milioni di euro”, cita la questione dei “numerosi stretti familiari del boss mafioso Salvatore Genova” impiegati nella società.
Quindi una frecciata alla Regione che “a quanto pare ha avviato dei controlli solo dopo che recentemente il caso è esploso sugli organi di informazione”. Il riferimento è alla nota con cui il direttore del Dipartimento Ambiente della Regione, Calogero Beringheli, ha ricordato a tutti i concessionari di stabilimenti balneari che vanno comunicati alle prefetture eventuali cambi degli assetti societari, perché incidono sulla concessione del certificato antimafia. Una procedura di routine, ma la concomitanza con la questione della spiaggia di Mondello è un dato di fatto.
La stoccata alla Regione
“Questa vicenda, in tutte le sue caratteristiche – si legge nell’interrogazione di Calenda – è perfettamente rappresentativa delle ragioni per cui l’interrogante sostiene che per salvare la Sicilia occorra commissariarne l’amministrazione regionale”.
Infine chiede al ministro Matteo Piantedosi se “sia a conoscenza della vicenda e se non ritenga questa vicenda abnorme sia sotto il profilo dell’efficienza e trasparenza amministrativa, sia per la scarsa attenzione prestata a fenomeni di potenziale infiltrazione criminale”.

