PALERMO– L’hanno visto passare, Marcello, dalle docce della comunità di Sant’Egidio, a piazza Politeama. Poi hanno appreso della sua morte orribile e violenta. Loro, i volontari che agiscono per la riduzione umana del danno, sono stati colti da un immenso dolore.
Per tutti, Marcello Cimino è il clochard a cui qualcuno ha dato la morte col fuoco, in via Cipressi. Per Cettina era solo ‘Marcello’. Chi ha occhi per vedere si era già accorto di lui, della sua vita randagia, delle sue notti all’aperto, sotto le stelle.
“Era un buono – dice Cettina, che lo ha incontrato e mai dimenticato -. Ho il suo volto scolpito qui, davanti a me. Corporatura bassina, dolce, gentile. Un ragazzo pacifico che non litigava mai con nessuno e che aveva molti amici tra le persone che condividono il marciapiede. La vita in strada può essere vissuta con aggressività. Marcello aveva un carattere mite ed era disponibile con chiunque”.
Cettina ha seguito, passo dopo passo, il percorso di un’esistenza, col periscopio di chi veglia, insonne, nella città indifferente. “Qualche anno fa dormiva alla stazione, sempre schivo e appartato. Ma quando andavamo a trovarlo, ci donava sempre parole cortesi ed educate. Non sappiamo cosa facesse prima e perché fosse finito sul marciapiede”. Qualcosa però trapela, con la massima delicatezza: una separazione, forse, la scelta di mollare tutto, lavoretti in nero, poi il nulla e il silenzio come opzione estrema per dimenticare, per dimenticarsi.
A parte qualcuno, nessuno, comunque, lo sa mai. Nessuno conosce il punto esatto in cui il percorso è deragliato, per precipitare nel gelo delle notti stellate. Nessuno sa perché certe esistenze un tempo garantite, in un giorno – quel giorno, non un altro – imboccano una via che non prevede ritorni né rimborsi. La stazione, via dei Cipressi: sono alcuni tra i nomi delle cittadelle degli invisibili che una volta avevano una carta d’identità e un cognome.
E non è vero che Palermo sia solidale con gli ultimi, al contrario è feroce, cattiva, implacabile. Non solo distante, pure assassina. Qualche anno fa a Vincenzo – che tutti chiamavano ‘Vicè vogghiufumare, per le sue richieste di sigarette ai passanti – spararono con un fucile sotto la fermata dell’autobus di via Archirafi. Solo il calibro dei pallini gli evitò il peggio. Anche Andrea fu circondato dalla benzina e riuscì a salvarsi per miracolo. E sono appena alcuni esempi. Vasto è l’elenco delle aggressioni ai più deboli.
Renzo Messina, che della comunità di Sant’Egidio è il leader carismatico, ha scritto sulla sua pagina facebook: “Mentre mi diverto a scrivere e a ribattere dissertando su rigori rubati, gol in fuorigioco e superiorità bianconera arriva la notizia tremenda che stanotte un senzatetto è stato ucciso dandogli fuoco in via Cipressi a Palermo. Da questo momento solo silenzio e dolore. Nostro Signore è stato ucciso un’altra volta”. Domani ci sarà una Messa per l’anima del clochard e per il suo corpo straziato da una crudeltà incomprensibile. Si chiamava Marcello Cimino. Se non l’avessero ucciso, non avremmo mai saputo il suo nome.