"Palermo, città difficile" - Live Sicilia

“Palermo, città difficile”

Parla uno dei titolari
di
2 min di lettura

La voglia di non rassegnarsi, di continuare a combattere e lavorare nella Palermo del racket, delle intimidazioni e della paura. C’è tutto questo nelle parole di uno dei tre titolari (che preferisce mantenere l’anonimato) del gruppo Ciro’s il cui locale di via Amari è stato completamente distrutto da un incendio a pochi giorni dall’inaugurazione. Livesicilia ha incontrato uno dei titolari del gruppo proprio nel nuovo locale di via Amari

Il suo locale è stato letteralmente inghiottito dalle fiamme dopo neppure una settimana di lavoro: cosa ha provato?
“Piangevo a vederlo in quello stato. Tutto il locale era completamente nero per le fiamme, la fuliggine copriva ogni cosa, le vetrine sfondate. I miei collaboratori si sono messi le mani tra i capelli. Eppure ora eccoci di nuovo qua, tutto nuovo, tutto bello. Non riesco a spiegarmi tanta violenza, volevano distruggere  il locale non solamente danneggiarlo. Già durante il mese di gennaio le nostre vetrine erano state prese a pistolettate”.

Probabilmente al posto suo in molti forse avrebbero mollato, sarebbero andati a cercare fortuna in altre città, invece lei è rimasto….
“La prima cosa a cui ho pensato sono state le 12 persone che avevamo assunto, i loro progetti, la loro voglia di lavorare e realizzarsi. Abbiamo capito che i nostri compagni di viaggio non erano l’omertà e l’indifferenza, bensì la speranza, la voglia di andare avanti e di dare risposte a quelli che dicono che siamo rassegnati. Abbiamo riaperto in tempi record nonostante i danni fossero superiori ai 50 mila euro”.

Ma Palermo è davvero una città così difficile per i commercianti, gli imprenditori, per chiunque decida di investire e lavorare?
“Si lo è. Vorrei lanciare una proposta concreta: il prefetto, il questore aboliscano l’uso del casco integrale almeno in centro, così come si faceva in alcune città ai tempi del terrorismo. In questo modo leveremmo uno strumento ai criminali, e riusciremmo a identificarli e a riconoscerli, del resto questo già lo pretendiamo per quelli con il burqa. Quelli che hanno distrutto l mio locale indossavano un casco integrale e anche quelli che hanno ucciso l’avvocato Fragalà”.

Che idea si è fatto di quello che è successo? La mafia le ha voluto lanciare un messaggio ben preciso?
“Non conosco questo mondo. Ho però fiducia nei magistrati e nelle forze dell’ordine altrimenti non avrei denunciato. Ho anche proposto di modificare il regolamento di Confocommercio, che prevede solo in maniera implicità che gli aderenti non paghino. Quest’obbligo diventi esplicito, in modo tale da non lasciare soli chi denuncia. Su altri possibili motivi dell’incendio non saprei dire nulla in maniera certa”.

Alcuni hanno ipotizzato un possibile coinvolgimento di vostri concorrenti?
“Non saprei dire nulla a proposito. Ormai però non esiste più il monopolio, non siamo nella Calabria degli anni ’70”.

Cosa si aspetta ora?
“Solo di lavorare, puntando sulla qualità al servizio dei nostri clienti. Nulla di più”.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI