Palermo, condannati ma liberi fedelissimi di Messina Denaro

Condannati e scarcerati fedelissimi di Messina Denaro, alcuni erano al 41 bis

Sino scaduti i cosiddetti termini di fase

PALERMO – Arrivano sconti di pena e soprattutto la scarcerazione di tutti gli imputati nonostante le condanne al processo nei confronti di alcuni fedelissimi di Matteo Messina Denaro. Due di loro, tra cui l’anziano campiere della famiglia del padrino, erano detenuti al carcere duro.

Per alcuni imputati le condanne sono definitive da tempo. Per altri è stato necessario un nuovo processo di appello dopo che la Cassazione, l’anno scorso, ha annullato con rinvio la sentenza non condividendo la contestazione di alcune aggravanti.

Gli imputati

Oggi il nuovo verdetto davanti alla Corte di appello di Palermo presieduta da Sergio Gulotta. Queste le condanne: Nicola Accardo 10 anni (era al 41 bis), Antonino Triolo 8 anni (entrambi di Partanna, difesi dall’avvocato Gianni Caracci), i castelvetranesi Giuseppe Tilotta 8 anni e Bartolomeo Tilotta 1 anno e 10 mesi (difesi dall’avvocato Domenico Trinceri), Giuseppe Paolo Bongiorno 6 anni, Giuseppe Rizzuto assolto (rispondeva solo di favoreggiamento, avvocato Francesco Moceri), Calogero Guarino 8 anni (avvocato Enrico Tignini), Angelo Greco 6 anni, Vincenzo La Cascia 9 anni e 8 mesi (faceva il campiere nei terreni della famiglia Messina Denaro ed era al 41 bis, difeso dagli avvocati Lilla Lo Sciuto e Giuseppe Pantaleo), Raffaele Urso 11 anni e 2 mesi, Andrea Valenti 7 anni e 6 mesi, Filippo Dell’Aquila 8 anni e 8 mesi (tutti di Campobello di Mazara (difesi dagli avvocati Giuseppe Pantaleo, Roberto Tricoli, Massimiliano Miceli e Luisa Calamia).

Per tutti c’è l’ordine di scarcerazione per scadenza dei termini di fase. E cioè il termine massimo entro il quale andava concluso il giudizio di appello.

Il blitz nel 2008

È venuta meno l’aggravante del riciclaggio di denaro e alcuni ipotesi di estorsione. Il processo nasceva dal blitz “Anno Zero” del 2018 condotto da carabinieri del Ros, Dia e squadra mobile. Dell’elenco degli arrestati facevano parte anche i cognati del latitante, Rosario Allegra e Gaspare Como. Il primo è morto in carcere. Le posizioni processuali sono state separate e in quel processo l’aggravante ha retto alla valutazione dei giudici.

Urso e Allegra furono filmati nell’estate del 2014 mentre si incontravano in una casa di campagna in contrada Ingegna a Campobello di Mazara. Arrivarono il primo in sella a uno scooter e il secondo in macchina.

“U siccu non lo voglio disturbare”

I carabinieri del Ros intercettarono solo l’ultima parte della conversazione grazie a una microspia piazzata in piena campagna. Allegra chiedeva l’intervento di Urso: “… aspettiamo un po’… che dobbiamo fare?… io a lu siccu… non lo voglio disturbare… che ha un c… di… mio cognato… che è un c… preciso… e ora mi devo andare a litigare con quest’altro cretino?”. Erano gli anni in cui il padrino faceva il latitante a casa sua.

Al di là delle parole dure che Allegra rivolgeva al cognato Gaspare Como, sposato con un’altra sorella di Messina Denaro, emergeva che avevano un canale diretto per le comunicazioni con il latitante.

“Era in Calabria ed è tornato…”

Nell’estate del 2016 i partannesi Accardo e Triolo furono intercettarti: “… hai scritto tu?”; “… glielo ho fatto sapere… il fatto… Matteo”; “… ed hai chiuso il conto?”; “Tu domani ci vai…”; “… no … io domani…”; “.. lascia perdere… ascolta lui… qua non gli ha detto che sta qua… dice che era in Calabria ed è tornato…”. Secondo la Direzione distrettuale antimafia, stavano parlando della presenza di Messina Denaro in Calabria,


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