PALERMO – La Procura della Repubblica conferma l’ipotesi di omicidio colposo: la professoressa Cinzia Pennino era un soggetto vulnerabile per cui non era raccomandabile il vaccino AstraZeneca contro il Covid. Il medico non avrebbe dovuto somministrarglielo.
Il procuratore aggiunto Ennio Petrigni e il sostituto Giorgia Spiri hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini al medico vaccinatore, Vincenzo Fazio.
La docente dell’istituto don Bosco Ranchibile è deceduta il 28 marzo dell’anno scorso al Policlinico di Palermo per una trombosi addominale. Aveva 46 anni. Era stata vaccinata con AstraZeneca l’11 marzo precedente. Ad un soggetto obeso, dunque “estremamente vulnerabile”, avrebbero dovuto somministrare un vaccino mRNA.
L’esposto
I familiari in un esposto presentato dagli avvocati Luigi Miceli e Alessandro Palmigiano ricostruirono che la donna, quattro giorni prima, era andata al centro vaccinale della Fiera del Mediterraneo. Il personale scolastico aveva priorità nella campagna vaccinale contro il Coronavirus. Solo che l’avevano rimandata indietro per la sua “severa obesità”.
L’obesità
Ed ecco il nodo: le linee guida dell’Istituto superiore di Sanità, che individuavano nell’obesità un fattore di rischio, non sarebbero state rispettate. I medici del Policlinico rilevato una obesità con tasso bmi 39,8 (si tratta del quarto grado su una scala che ne prevede sei). Il rapporto fra peso e altezza di Cinzia Pennino non lascia dubbi: 115 chili per un metro e 70. E dubbi non ebbe neppure il medico che decise di non vaccinarla.
Il vaccino dopo il primo no
L’11 marzo Pennino tornò in Fiera, dopo avere prenotato telefonicamente, e stavolta fu vaccinata con AstraZeneca. Il medico non ritenne che la sua condizione di obesità fosse un fattore di rischio. C’è la firma di Pennino sul modulo di consenso informato. Del primo passaggio all’hub non c’è traccia. La prenotazione è stata cancellata, così disse il personale amministrativo, per consentire alla professoressa di fare una nuova prenotazione “con altro vaccino riservato alle persone vulnerabili”.
Non c’è traccia neppure dell’anamnesi che spinse il medico la prima volta a non vaccinare la donna con AstraZeneca. La pratica non era stata ultimata.
Il medico Fazio era stato sentito dagli investigatori come persona informata sui fatti e poi in veste di indagato. Impossibile, disse, ricordare di Cinzia Pennino, disse, in un contesto di 80 anamnesi per ogni turno di lavoro. L’anamnesi viene compilata dal paziente e il medico ha il compito di verificare e chiarire eventuali dubbi. Pennino non aveva per altro indicato di soffrire di alcuna patologia.
Secondo l’accusa, somministrando il vaccino AstraZeneca il medico avrebbe realizzato un fattore eziologico che determinò il decesso per infarto emorragico diffuso nell’intestino.
La difesa
Fazio può adesso chiedere di essere interrogato nuovamente o presentare una memoria. Quindi il pubblico ministero provvederà per la richiesta e rinvia a giudizio. Era già stato sentito come persona informata sui fatti.
Respinse con fermezza le accuse. Spiegò che vaccinando mediamente 80 persone al giorno non aveva alcun ricordo di Cinzia Pennino. Nella scheda di accettazione la vittima non avrebbe indicato di soffrire di alcuna patologia durante l’anamnesi.