Palermo Diavolo e il Milan resta |“Quello che veramente amo” - Live Sicilia

Palermo Diavolo e il Milan resta |“Quello che veramente amo”

curva rossonera
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È facile dire, a cose fatte, sono contento perché il Palermo ha vinto. È facile anche perché è la pura verità. Il Palermo ha vinto, 3-1 come quella volta che in serie B i diavoli rossoneri di Ruben Buriani (autore dell’unico gol del Milan), del mitico Franco Baresi e di un certo Carletto Ancelotti, furono domati da una signora squadra rosanero allenata da Carmelo Di Bella e trascinata da un signore che si chiamava Egidio Calloni. Tre gol, fece al Milan lo sciagurato di ciottiana memoria, ex rossonero, capace di errori pazzeschi ma anche di gol incredibili e di triplette micidiali, come quella appunto rifilata ai suoi ex compagni.

Io c’ero, quel giorno della primavera del 1981: stavo in curva sud e, sebbene milanista da sempre, tifai in maniera sfegatata per il Palermo. Il Milan, cacciato in B da una giustizia sportiva mai tenera con i colori rossoneri (alla faccia delle tante menate di cui cianciano soprattutto gli interisti), dominava il campionato; il Palermo, penalizzato per gli stessi motivi – il calcio scommesse – che avevano portato alla retrocessione del Milan, doveva salvarsi. E la mia anima rosanero prevalse senza dubbi di sorta.
Sono contento per il nuovo 3-1. Sono contento perché contro l’inguardabile Milan di ieri sera ci ha vinto il Palermo. Forse, in realtà, ci avrebbero vinto pure il Chievo, l’Atalanta, il Fossombrone, il Pescasseroli, contro il Milan di ieri sera. E non voglio togliere meriti ai rosa, che hanno veramente giocato la partita perfetta e sono stati bravissimi a resistere all’assalto finale di Ronaldinho (l’unico guardabile dei suoi) e degli altri. Però quando prendi sette gol in tre partite, nel giro di una settimana (due a Torino, due a Portsmouth, tre dal Palermo) credo che per l’ennesima volta ci sia da chiedere tante cose ad Ancelotti, ma soprattutto a Galliani e Berlusconi. Perché abbiano deciso di consegnare l’ennesimo scudetto all’Inter. Perché in difesa si debba ricorrere al pur sempre vivissimo e grande campione Maldini, senza che si sia andati sul mercato seriamente (da anni) per prendere difensori forti, che so?, Chiellini, Gamberini, persino Carrozzieri. No: noi prendiamo Senderos, ci teniamo Khaladze, che – per carità – alterna ottime gare a prestazioni folli come quella di Torino, Antonini per tenerlo in panchina, Zambrotta perché ha superato i trenta e dunque ha un titolo di merito in più agli occhi degli infallibili detective del mercato rossonero, visto che fino all’anno scorso avevamo Costacurta e Serginho e ancor oggi abbiamo Favalli.
Sono contento per il Palermo, la mia seconda squadra del cuore, che per una volta per vincere ha usato… Farina del suo sacco e non le follie dell’arbitro dell’anno scorso, appunto il signor Farina, quello che non vide il braccio alzato in una specie di insolito saluto romano fatto col sinistro, da parte di Amauri; che non vide il fuorigioco di Diana che segnò l’1-1; che inventò la punizione del 2-1 di Miccoli. Quella fu una bella vittoria, di orgoglio, per il Palermo, ma forse fu indirettamente propiziata dagli strilli di Zamparini sui torti arbitrali subiti dai rosa e dalla severità particolare che certi direttori di gara adottano nei confronti dei colori rossoneri e bianconeri (della Juve), da quando si è scoperto che l’unica squadra pulita in Italia era l’Inter del miliardario (in euro, anzi in petro-euro) Moratti. Meglio ricordarlo, che i soldi ce li ha pure lui, Moratti. Perché si parla sempre dei soldi di Berlusconi, dimenticando che da anni il Berlusca per il Milan spende veramente poco e, com’è ovvio, raccoglie quel che non semina.
 Pure ieri sera qualcuno era pronto a vedere chissà quali complotti. Il mio amico e collega Carlo Brandaleone stava allo stadio e non ha avuto il tempo di vedere tutte le moviole e movioline che hanno scannerizzato l’azione del primo rigore, dando ragione nettamente al signor Rocchi: dire che il fallo era fuori area è sbagliato; non dire che Amelia andava espulso, non foss’altro che per la cattiveria e la durezza del fallo (Pato è dovuto uscire e lì forse la partita è cambiata), può essere comprensibile. Però noi del Milan siamo involontariamente generosi: quando un rigore è veramente dubbio, lo sbagliamo. E del resto un paio d’anni fa, sempre al Barbera, Kakà fallì dagli undici metri dopo il “fallo” su Gilardino che, qui a Palermo, alterna tuffi in area a schiacciate di mano in porta. E sì, questo lo dico perché per fortuna quel gol sleale e di rapina Gila, il redivivo, lo ha segnato per la Fiorentina e non per il Milan.
Ci vorrebbe la moviola in campo, caro Carlo, o perlomeno rivedere le immagini sul tabellone luminoso, come nel mio adorato rugby, in cui in tv si sente pure quel che dice l’arbitro e quel che gli rispondono i giocatori, cioè niente. Ma per rivedere le immagini dovremmo avere prima di tutto il tabellone luminoso. E il Barbera è l’unico stadio di serie A che non ce l’ha. Ditelo al sindaco e a Zampa.
Tutto ciò detto, ha ragione Peppino Siragusa quando parla dei rosanero come i più preziosi alleati dell’Inter: hanno vinto a Torino contro la Juve, hanno battuto il Milan, e tra le due partite si sono arresi senza colpo ferire ai nerazzurri. Si dirà, ed è vero, che gli interisti sono nettamente più forti, grazie ai miliardi (di petro-euro) del signor Moratti, che dopo Ibra Cruz Crespo Adriano Balotelli e Special One ora vuole pure Drogba; e sono più forti non solo del Palermo, ma anche di Milan e Juve (non sempre lo sono del Panathinaikos, per fortuna). Però i gol nerazzurri qui al Barbera sono stati propiziati da un prego si accomodi grande quanto una casa, implicitamente detto dalla difesa rosanero a Ibrahimovic sull’azione della prima rete (e replicato sul 2-0, ma la seconda volta Fontana s’è salvato per miracolo), e da un tuffo al limite dell’area inventato dallo stesso Ibra e generosamente punito dall’arbitro con un calcio libero che lo svedese ha tirato a 124 chilometri orari. Fosse stato in vigore il limite dei 110, gli avrebbero almeno fatto la multa.
Sono dunque contento per il Palermo, che mi auguro raggiunga vette mai viste. Il Milan, però, rimane il primo grande amore della vita. Posso ricostruire nei dettagli come diventai milanista, un giorno del 1968 in cui mio padre mi comprò il primo pacchetto di figurine della mia vita. Lo aprii, eccitato e tutto contento come solo un bambino di cinque anni e mezzo può essere, di fronte al suo primo pacchetto di figurine Panini, e fra le altre immagini di singoli calciatori, trovai la figurina di una formazione, una sola. Era il Milan di Rivera e Prati, che quell’anno avrebbe vinto lo scudetto e l’anno appresso la Coppa dei Campioni e l’Intercontinentale. Non so cosa sia l’amore a prima vista, né se esista il colpo di fulmine. Ma per me quello lo fu.
Il Milan, visto che ho scritto un libro (“Quello che veramente ami”, Dario Flaccovio editore: un po’ di pubblicità non guasta) è quello che veramente amo, il primo amore calcistico della vita, assieme alla dirimpettaia biondina che si chiamava Marina e che aveva cinque anni come me. Il libro, tanto per proseguire nella pubblicità-progresso, racconta una storia d’amore tra una rossa e un nero… Di me si dice che sia un rosso travestito da nero, tra i miei libri preferiti di sempre c’è Il rosso e il nero di Stendhal… Insomma, non sarei potuto essere altro che questo, un rossonero a vita.
Il Palermo è pure un amore, seguito per anni in B e in C, allo stadio, sotto la pioggia e sotto il sole, con lo stravento e non facendo merenda a scuola per comprare il biglietto e pagare la benzina per andare allo stadio con il mio amico di sempre, Massimiliano detto Negro Bill, su un cinquantino scassato anni ’70-’80, in due e litigando su chi dovesse guidare…
Si trovasse a lottare per lo scudetto contro il Milan?  Non avrei dubbi. Come quel giorno di quasi 28 anni fa, sceglierei la squadra rosa. Perché, come allora i rossoneri erano primi e il Palermo aveva disperato bisogno di punti, anche oggi il Milan ha vinto 17 scudetti (e l’Inter 16, di cui uno di carta) e il Palermo nessuno.
E poi, sempre meglio che lo scudetto lo vinca il Palermo che l’Inter.

 di Riccardo Arena*
*giornalista e – diciamo – scrittore.


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