Micciché e le triangolazioni telefoniche "per la droga"

Micciché e le triangolazioni al ristorante “per la droga”

Gianfranco Miccichè
I poliziotti intercettavano il ristoratore Di Ferro ed è saltato fuori il giro di cocaina

PALERMO – Sono state le intercettazioni e gli incroci telefonici a fare emergere che fra i clienti della droga ci sarebbe Gianfranco Miccichè. All’ex presidente dell’Ars, senatore di Forza Italia fino allo scorso gennaio quando ha optato per il seggio a parlamento siciliano, è dedicato un lungo capitolo dell’inchiesta che ha portato all’arresto del ristoratore palermitano Mario Di Ferro, accusato di aver ceduto cocaina a personaggi noti della città.

Miccichè non era direttamente intercettato, ma lo era il ristoratore, il cui nome è saltato fuori in un contesto investigativo diverso su cui lavora ancora la Direzione distrettuale antimafia. I poliziotti hanno iniziato a monitorarlo ed è venuto fuori il giro di droga per una clientela selezionata. Il ristorante di Villa Zito, in via Libertà, sarebbe stato trasformato in un luogo di spaccio. Qui facevano spesso tappa, chiamati da Di Ferro, Salvatore e Gioacchino Salamone, considerati i fornitori. “Ci sono persone che aspettano”, diceva il ristoratore e i Salamone arrivavano in fretta. Che portasse la droga era risaputo anche fra il personale che, ironizzando, parlavano in maniera chiara di “coca” e “pusher”.

L’onorevole e Di Ferro non parlavano in maniera esplicita. Per indicare le dosi avrebbero fatto riferimento, ad esempio, al numero dei giorni in cui il politico si sarebbe dovuto recare fuori sede. “Ma quanti giorni sono?”, chiedeva Di Ferro in un contesto definito “illogico” e il politico rispondeva: “Va beh uno, che c… ne so poi io”.

Subito dopo Di Ferro contattava Gioachino e Salvatore Salamone. Nelle sue conversazioni con l’ex senatore li indicava come “rappresentanti” e i fratelli arrivavano nel ristorante di via Libertà. Una ripetitiva successione di telefonate Micciché-Di Ferro-Salamone, la cui unica spiegazione sarebbe la cessione di droga, ricalcando lo stesso modus operandi che ha portato al primo arresto di Di Ferro in via Petrarca.

Decine le foto che immortalano Gioacchino Salamone mentre arrivava al ristorante di Di Ferro all’ingresso principale di via Libertà o in quello secondario in via Gioacchino Di Marzo. Poi passava una busta, attraverso le grate del cancello, al ristoratore. Alla consegna seguiva l’arrivo di Miccichè immortalato dal sistema di videosorveglianza. Giungeva a bordo della sua Audi col lampeggiante acceso.

Alle 22.23 del 18 novembre scorso Miccichè chiamò Di Ferro, spiegandogli che l’indomani sarebbe partito per Milano dove si sarebbe trattenuto per cinque giorni. In realtà il riferimento sarebbe stato alle dosi. Di Ferro si informava sull’orario del volo. “Vabbè, siete cinque, cinque giorni, va bene ciao”, diceva.

Subito dopo Di Ferro contattava Gioacchino Salamone, condannato in passato per spaccio di droga all’ombra della famiglia mafiosa di Resuttana: “All’una meno un quarto puntuale, da me al bar, va bene?”, diceva Di Ferro. Alle 13.55 Gianfranco Miccichè è stato fotografato mentre arrivava al ristorante di Villa Zito.


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