Mafia, morto Vincenzo Galatolo: il boss era nel carcere di Opera

Palermo, è morto in carcere il boss dello “scannatoio” di Cosa Nostra

I delitti eccellenti, il 41 bis e i figli pentiti

PALERMO – Vincenzo Galatolo, boss dell’Arenella, è morto in carcere, a Milano Opera, dove era rinchiuso da decenni al 41 bis (i nomi dei 236 boss siciliani al carcere duro). Aveva 81 anni e il suo nome è legato ai peggiori crimini mafiosi. Per ultimo, pochi mesi fa, la Cassazione ha confermato la sua condanna a trent’anni per i per la strage di Pizzolungo, ad Erice, nel Trapanese. La mafia, il 2 luglio ’85, tentò di assassinare il magistrato Carlo Palermo. Nell’attentato rimasero uccisi Barbara Rizzo e i suoi bimbi, Giuseppe e Salvatore Asta, che transitavano in auto nel momento dell’esplosione.

Lo “scannatoio” di Cosa nostra

Quando si parla dei Galatolo la memoria va ad uno dei luoghi simbolo della mafia palermitana. Vecchia e nuova. Da vicolo Pipitone, quartier generale dei Galatolo, negli anni Ottanta partivano gli squadroni della morte per compiere gli omicidi eccellenti. Ed è lì che c’era lo “scannatoio” di Cosa nostra. Luogo di tortura e morte per i nemici e per chi disobbediva alle regole d’onore. Quando ammazzarono il capostipite, don Gaetano – era la fine degli anni Cinquanta – la strada dei Galatolo sembrava segnata nello scacchiere di Cosa Nostra. Ed invece il patto di ferro con i corleonesi di Totò Riina avrebbe cambiato il corso delle cose. Da fondo Pipitone, fra i Cantieri navali e il mercato ortofrutticolo, negli Ottanta si muoveva il gruppo di fuoco del capo dei capi. Da fondo Pipitone partirono i killer del giudice istruttore Rocco Chinnici, del segretario del Pci Pio La Torre, del prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, del commissario Ninni Cassarà.

I vestiti sporchi di sangue dopo le missioni dei killer di mafia

I killer tornavano con gli abiti sporchi di sangue e Giovanna Galatolo, così ha raccontato la figlia di Vincenzo, aveva il compito di lavarli. Senza fare troppe domande. Ottenuta la massima credibilità tra le file di Cosa nostra i Galatolo hanno iniziato a pensare agli affari. Il padre di Giovanna e Vito (, anch’egli divenuto collaboratore di giustizia), con gli zii Raffaele e Giuseppe misero le mani innanzitutto sui Cantieri navali. Una mareggiata nel lontano 1973 portò a Palermo miliardi di lire per riparare la diga foranea e nacquero una sfilza di società, tutte o quasi riconducibili ai Galatolo.

La morte del boss in carcere

Ieri sera Galatolo è morto in carcere. Era affetto da una malattia in fase terminale ed era stato colpito da una polmonite. I suoi legali avevano chiesto la scarcerazione, ma l’istanza era stata rigettata.


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