Politica

Palermo, il dopo Orlando fra strappi e bordocampisti

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23 Novembre 2021, 06:00

4 min di lettura

Il contesto appare come una celebre ricreazione a scuola di tanti anni fa: tutti in fila davanti al bar che sfornava mirabili calzoni fritti. Tutti assembrati (allora si poteva) senza neanche un filo d’aria, senza nemmeno lo spazio per uno spillo. Solo che stiamo parlando di una vicenda un po’ più seria, come le comunali di Palermo 2022. Il vecchio re Orlando si congeda, mica per sua scelta, perché non può ricandidarsi – anche se ha fatto sapere che in qualche forma ci sarà – e c’è una folla di presunti successori. Una platea che all’immaginario e incruento grido di ‘Mo ce ripigliammo tutto quello che non è mai stato o’ nuost’ avanza compatta. Divisi, con un unico sogno in Comune: prendersi Palermo, tramite democratica consultazione elettorale. E sì che governare una città allo sfascio, nei prossimi anni, non sarà una passeggiata. Una cosa è indignarsi, previa nota adirata, per le bare insepolte ai Rotoli, un’altra cosa parrà tentare di risolvere il problema. O forse è proprio questo il segreto di tante appassionate rincorse. Siamo talmente messi male che il primo che arriva e sistema qualcosa verrà portato in trionfo al Politeama. Per una sommaria veduta aerea rimandiamo all’informatissimo pezzo di qualche giorno fa di Roberto Immesi. E ci occupiamo di candidati dell’ultimo minuto e di qualche sussurro intorno alle ipotesi più concrete.

Palazzo delle Aquile

Lo strappo di Faraone

Il fine settimana è stato politicamente terremotato dalla candidatura ‘leopoldina’ di Davide Faraone, insignito dal suo mentore nazionale, Matteo Renzi. E subito dopo, per usare un’espressione diffusa, si sono rotti i telefoni. In una intervista esclusiva con LiveSicilia.it, Edy Tamajo non l’ha mandata a dire: “Le candidature e i progetti si costruiscono insieme, consultando la base, non annunciandoli sui giornali o dal palco della Leopolda. Nulla di personale contro Faraone, ma siamo su fronti diametralmente opposti”. Una nettezza a cui ha fatto eco, con toni più soffici, Gianfranco Micciché. Faraone? “Non è un problema nostro, sempre che riusciamo a capire nelle file di chi lo ha candidato. Nel centrodestra o nel centrosinistra? Aspettiamo delucidazioni in merito. Tamajo ha veramente ragione. Troppi nomi che, questo lasciatemelo dire, sono comunque sempre meglio che nessun nome”. Miccichè, da sperimentato sommozzatore dei fondali politici, scenari di tutte le mediazioni e di tutte le battaglie possibili, punta sull’elemento critico: l’indefinitezza. Faraone, infatti, viene da sinistra, si trova al centro e, a taluni osservatori, pare che guardi anche altrove.

Davide Faraone

Lagalla ai bordi del campo

“Non sono mai entrato in campo perché dovrei uscirne? Siamo tutti a bordo campo, aspettiamo che l’allenatore decida la squadra. Io mi rimetto al dibattito della coalizione”. Il prudentissimo Roberto Lagalla – per definizione candidato in pectore – per sua stessa ammissione è un bordocampista. Si tratta di un atteggiamento conforme al passo accorto e felpato del personaggio che però, forse, ha già pagato qualche prudenza di troppo. E poi ancora: “Faraone candidato sindaco a Palermo? Non ho compreso il perimetro delle alleanze”. Il lato forte dell’assessore regionale risiede nel suo garbo e nella sua esperienza. La fama di uomo dall’eccessiva cautela lo segue come un’ombra chissà se desiderata e quanto meritata.

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Roberto Lagalla

Giorgia si affida a Carolina

Ancora negli ultimi giorni, Giorgia Meloni ha indicato Carolina Varchi come nome spendibile per la destra, auspicando coesione, ma sottolineando che le primarie sono il luogo opportuno per dirimere le diversità di vedute. Una linea seguita dalla ‘nominata’: “Noi partiamo dalla proposta di FdI e la portiamo al tavolo del centrodestra. Se il tavolo del centrodestra non dovesse raggiungere un’intesa, noi non ci sottrarremmo all’ipotesi delle primarie”. Sarà davvero raggiungibile l’unità auspicata? Coloro che entrano al conclave da papi possono uscirne cardinali. 

Carolina Varchi e Giorgia Meloni

Il salto dallo Zen al Comune

Nel weekend, per le primarie, ma del centrosinistra, ecco il nome di Mariangela Di Gangi, presidente del laboratorio Zen Insieme. Una candidatura ‘civica’, secondo uno schema tradizionale che contrappone il bel civismo alla politica d’apparato e che nasce dalle periferie. Saprebbe misurarsi con il contesto amministrativo di una città? Qui vengono succintamente riassunte le più recenti e scroscianti novità in catalogo. Fabrizio Ferrandelli, presente alla scorsa competizione elettorale, non sarà, invece, della partita. Lo ha chiarito a LiveSicilia.it: ” No, grazie – a domanda ha risposto – sarebbe non volere bene a Palermo”. Punti di vista. Ma, in tempi tanti affollati, uno che non si candida è di per sé uno scoop.

Mariangela Di Gangi

Pubblicato il

23 Novembre 2021, 06:00

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