Palermo, Facebook e battaglie sindacali: licenziato ma va riassunto

Post su Facebook e battaglie sindacali: licenziato vince la causa, va riassunto

Il caso nel Palermitano: licenziamento che sarebbe stato discriminatorio

PALERMO – Un post su Facebook e le battaglie sindacali erano costate caro ad un autista della Salerno Trasporti srl. L’uomo, G. C. le sue iniziali, era stato licenziato dall’azienda di Carini che si occupa di consegne dei pacchi. Ora ha vinto la causa: deve essere reintegrato.

Licenziamento “discriminatorio”

Il giudice Elvira Majolino, in primo grado, ha dato ragione all’autista assistito dagli avvocati Luigia Scarbaci e Roberto D’Agostino. Il licenziamento sarebbe stato discriminatorio. Oltre al posto di lavoro al dipendente spetta anche un risarcimento dei danni.

L’allontanamento era stato preceduto dalla contestazione disciplinare. Nel 2022 il dipendente aveva pubblicato su Facebook un post di certo non tenero nei confronti del suo datore di lavoro. Quest’ultimo lo ritenne offensivo e scattò il licenziamento. L’autista era stato assunto nel 2016 e ricopriva il ruolo sindacale Rsa per la Cisal. Nel 2022 aveva deciso di affiliarsi alla Cgil. Da allora, così ha sostenuto, sarebbe diventato bersaglio di iniziative per “inibire” l’azione sindacale.

Azione sindacale e contrasti

Secondo il giudice, anche grazie ad alcuni testimoni, è emerso “che la contestazione disciplinare, e il recesso datoriale fondato sulla stessa, abbiano avuto finalità discriminatoria, trovando la loro origine nell’azione sindacale svolta dal ricorrente in difesa degli autisti rispetto alle condotte dell’azienda consistenti, fra l’altro, nell’imposizione di un orario che superava di gran lunga quello contrattualmente previsto”.

“Erano tenuti ad effettuare un certo numero di consegne indipendentemente dal tempo necessario per effettuarle – scrive il giudice – pena l’irrogazione di sanzioni disciplinari o l’adozione di penali di trattenute in busta paga”

I toni “si erano inaspriti, in quanto l’azienda riteneva che fosse a causa del sindacalista che i suoi colleghi terminavano l’orario di lavoro prima, alle ore 16.00, e si assentavano con più frequenza dal lavoro”. In realtà “anche a seguito dell’accordo sindacale con cui furono ridotte le ore di lavoro, il numero di consegne da effettuare quotidianamente e il numero dei dipendenti rimase invariato, con conseguente invarianza della quantità del lavoro richiesto ai dipendenti”.

Da qui la decisione: il licenziamento è stato discriminatorio, il dipendente deve tornare al suo posto.


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