Palermo, dalla rapina alle patenti facili: i casi che "inguaiano" Leto

Dalla grande rapina alle patenti facili: i casi che “inguaiano” Leto

Su cosa indaga la Procura di Palermo

PALERMO – Di notizie riservate la presunta “talpa” ne avrebbe spifferato tante. Spetta agli investigatori ricostruire il ruolo del commesso giudiziario arrestato. Sul conto di Feliciano Leto il giudice per le indagini preliminari Lirio Conti scrive che si tratta di un personaggio “stabilmente inserito in circuiti criminali di rilevante spessore”. Chi sono stati i beneficiari della sue soffiate? Alcuni sono sono già noti. Altri devono ancora essere identificati. Era Leo a contattarli o viceversa? E in cambio di cosa?

Il giro in scooter della “talpa”

Si muoveva con disinvoltura e spregiudicatezza. Come avvenne la mattina del 10 ottobre scorso. Leo si allontanò dal posto di lavoro in scooter portandosi dietro un paio di fascicoli. Nelle tappe del suo giro è stato localizzato nella zona di via Oreto, il corso dei Mille e alla Fiera del mediterraneo. Con chi ha parlato? Al rientro in ufficio un agente lo fotografò con i fascicoli in ascensore.

Di sicuro ha mandato la foto di una relazione dei carabinieri dello Zen, con tanto di hard disk sequestrato, al nipote del boss della Kalsa, Luigi Abbate, soprannominato “Gino ‘u mitra”. Gli stava particolarmente a cuore la sorte di un gruppo di rapinatori, autori di un colpo da 110 mila euro. Il 29 giugno scorso in via Rosario Nicoletti un commando bloccò un portavalori. Puntarono le pistole contro le guardie giurate e razziarono il bottino. Una degli autori aveva un tatuaggio, lo stesso contenuto nel fascicolo fotografico preparato dalla polizia giudiziaria “trafugato” da Leto. “Tanto hanno quello che ha un braccio tutto tatuato”: il riferimento era esplicito.

“Delirio di onnipotenza”

Il commesso sarebbe stato preso dal “delirio di onnipotenza”. “T’immagini che certe volte posso decidere io”, si vantava l’indagato in un’intercettazione. Una volta avrebbe ritardato un arresto non consegnando subito la richiesta di arresto all’ufficio Gip. Un’altra, invece, avrebbe posticipato la scarcerazione: “L’ho portata una settimana dopo”.

Dopo le sue soffiate la gente smetteva di parlare al telefono: “Il 5 ottobre un altro degli indagati improvvisamente cessava di utilizzare la scheda telefonica relativa all’utenza intercettata”. Una volta mise sul chi va là alcuni indagati per corruzione e falso in relazione ad uno giro di patenti nautiche. Il 26 ottobre incontrò il titolare di un’agenzia di disbrigo nel chioschetto di corso Alberto Amedeo, accanto al palazzo di giustizia. Leto tirava in ballo diverse persone: “Tu, Lorenzo e Giuseppe, la dottoressa…”, spiegando “che ci sono intercettazioni fino al 15 ottobre, prorogate per altri…”.

Il titolare dell’agenzia affermava anche “sono indagini degli sbirri” e di fronte ad alcuni nomi citati da Leto diceva: “Non ha niente, è che questo parla sempre al telefono, tutti ci chiamiamo, anzi ci telefoniamo a questo, questo è un cretino”. Leto era tranciante: “Compà a questo con quella se li inc… a tutti e due, ma non so l’altro, non lo so ancora in che posizione, ma questi due se… per niente”. L’inchiesta coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Marzia Sabella potrebbe presto allargarsi.


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