E se Beatrice Venezi, che oggi, venerdì 2 febbraio, torna in scena al Politeama (in programma la sinfonia n. 6 in si minore op. 74 “Patetica” di Čajkovskij e la sinfonia n. 6 in si minore op. 54 di Sostakovic), fosse di sinistra? Cosa troverebbe nella partitura immaginaria del suo destino immediato: applausi o fischi? Tanti che la criticano l’avrebbero, al contrario, difesa? Tanti che la difendono l’avrebbero, forse, vituperata? Dubbio pungente e un po’ malevolo che deriva non dalle esecuzioni musicali – i critici possono e devono dire la loro, tacciando legittimamente di ‘incompetenza’ chicchessia; tra gli ascoltatori: c’è a chi piace e a chi non – ma dal contesto.
In alcune spigolature che si annotano sul caso Venezi, nei diversi episodi in cui si è manifestato, pare proprio che il più sincero e inconfessato sottotesto dell’accusa – nel riflesso di natura opposta c’è, ovviamente, uno sperticato, quanto molesto, gradimento a priori – sia quel ‘di destra’, anzi, ‘meloniana’: una qualificazione che precede ogni battere e levare. Ecco il tic che sembra tirarsi su, più sono i tentativi di mandarlo giù. Sarebbe lo stesso con un’altra collocazione? O tutto passerebbe più o meno inosservato?
Intanto, la protagonista della storia è già risalita sul podio dell’Orchestra sinfonica, per le prove del concerto di oggi e domani. Il ‘la’ al movimento impetuoso che sappiamo è stato dato – come è noto – dalle critiche di alcuni professori di orchestra, che si sono mantenute sul piano squisitamente tecnico, da cui altri sono dissociati, con la reazione del sovrintendente Andrea Peria alla calata del sipario.
Il resto, ciò che è sopravvenuto, compone una strumentazione in cui risulta oggettivamente difficile distinguere il legittimo rilievo tecnico dall’assolo ideologico. E se…