Sanità pubblica, la morale di sempre: abbiamo scherzato...

Sanità pubblica, la morale di sempre: abbiamo scherzato…

Il percorso accidentato di chi vuole fare il medico

C’è stato un tempo assai lontano, nel quale iscriversi in Medicina dopo la maturità era un’operazione semplice e priva di ostacoli.

Un tempo giovane, promettente e scanzonato; un tempo non tutto roseo, per la verità, ma con cinquanta sfumature di grigio; un tempo nel quale la disoccupazione giovanile appariva già come un’incontenibile marea montante e per molti – certamente troppi – la prospettiva di esercitare la professione medica appariva sì prestigiosa, ma soprattutto sicura.

Sarà per questo, sarà per una serie di prevedibilissime congiunture astrali, fatto sta che verso la fine degli anni ‘70 le aule della Facoltà di Medicina, progettate qualche secolo prima per pochissime centinaia di nuovi iscritti per anno, si ritrovarono inaspettatamente a dover accogliere un numero esplosivo di matricole. Ogni anno accademico di quel fine decennio batteva il record di iscritti dell’anno precedente, fino a raggiungere numeri a quattro cifre, in un’escalation senza fine.

Roberto Garofalo

Le conseguenze, assai prevedibilmente, furono disastrose: aule gremite all’inverosimile, bibliche sessioni di esami che perduravano mesi, tirocini farlocchi, biblioteche sature fino ai marciapiedi, esercitazioni su pezzi anatomici a pagamento in nero con la complicità di simpatici commessi.

Poiché due più due fa quattro, inesorabilmente, qualche anno dopo uno tsunami di nuovi laureati determinò un’inondazione tutt’altro che benefica per la salute del Servizio Sanitario, il quale non poteva certo dilatarsi per accogliere un numero davvero spropositato di medici.

Le scuole di Specializzazione esistenti si saturarono prestissimo; per i più ci furono penose attese da rinviare anno per anno, mentre nel contempo si assistette alla nascita di nuove discipline, come “Medicina aeronautica e spaziale” per chi avesse desiderato riempire la sala d’attesa del proprio studio di astronauti.

Di conseguenza, i nuovi concorsi per l’accesso alla professione furono un tripudio di raccomandazioni e clientelismi, mentre chi era costretto a “fare punteggio” per un posto in guardia medica visse sulla propria pelle lo “sfruttamento della sostituzione”, senza che ciò fosse mai considerato un reato penalmente perseguibile. Per molti – troppi – ci fu l’onta di una lunga e penosa disoccupazione. Altro che ‘posto sicuro’, due più due fa sempre quattro.

La “pletora medica” fu considerata una vera e propria piaga sociale. Le drammatiche dimensioni statistiche dicevano di almeno un medico per condominio, due-tre per comitiva di amici, più di dieci per arenile a Mondello.

Il Presidente del Consiglio di allora, che di nome faceva Giulio, si pronunciò un giorno sull’argomento con uno splendido “beh, potrebbero andare a lavorare in Africa!”

Ben oltre la metà degli anni ‘80, dalle abbondanti lacrime sul latte versato scaturì l’istituto del famigerato “numero chiuso” a Medicina. E anche lì, manco a dirlo, dalla necessità di superare gli esami di ammissione germogliarono molti fiori: quiz a dir poco bizzarri, corsi a pagamento per superare i quiz bizzarri, raccomandazioni e varie forme più o meno lecite di sostegno per gli aspiranti camici bianchi.

Da allora chiunque, bimbi della scuola materna compresi, avrebbe potuto e dovuto produrre un pensiero logico: il progressivo, inesorabile e quasi esplosivo pensionamento di tanti medici – quelli che in modo altrettanto esplosivo erano entrati nel mondo del lavoro, anni prima – oltre alla cronicizzata esiguità di nuove leve, è la vera causa della fatale e drammatica realtà dei nostri giorni: corsie vuote, ambulatori fantasma, sovraccarico insostenibile per chi resta in servizio, liste d’attesa delle dimensioni degli elenchi telefonici, aree di emergenza simili a trincee sul Piave.

E tanta, tantissima sofferenza per tutti, lacrime e sangue, fino alle estreme conseguenze. Compresa quella di vedere un Servizio Sanitario pubblico agonizzare in asfissia, a causa di un piedino politico che sta schiacciando il tubo dell’ossigeno.

A risolvere tutto, due giorni fa la notizia clamorosa: niente più numero chiuso ed esami di ammissione per Medicina. Il filtro sarà fatto al primo semestre del primo anno; i docenti di chimica e istologia, nuovi giudici dei giovani destini matricolati, sono i predestinati delle raccomandazioni di domani. In un ‘abbiamo scherzato’ durato una quarantina di anni la storia si ripete; ritorna il tempo giovane, promettente e scanzonato. Tu chiamale, se vuoi, programmazioni.

Ammettiamolo: che due più due faccia sempre quattro è un’operazione matematica non alla portata di tutti.

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