PALERMO – “Anche solo parlarne ci fa provare rabbia. Quella è sempre la stessa, così come il dolore, che purtroppo non ci abbandonerà mai”. Il tempo passa, ma non cancella la sofferenza di una famiglia che è stata colpita nel profondo, con la perdita di una ragazza che doveva ancora compiere trent’anni e che presto avrebbe dovuto sposarsi.
L’incidente
Quel 17 maggio del 2015 ha portato via con sé la vita di Tania Valguarnera, ma anche la serenità di tutti coloro che la amavano. La giovane fu investita e uccisa in via Libertà, in pieno centro a Palermo. Stava attraversando sulle strisce pedonali all’altezza di via Cordova per recarsi al call center in cui lavorava, quando fu travolta da un furgone.
Il processo all’automobilista
Era domenica, pioveva. Il conducente del mezzo non la soccorse e scappò. Fu poi rintracciato e arrestato grazie alle immagini delle telecamere. E’ stato condannato a quattro anni per omicidio colposo, ma nel dicembre del 2020 la pena è stata ridotta in appello, a tre anni e due mesi. Tuttavia, quando avvenne la tragedia, non era ancora stato introdotto il reato di omicidio stradale che prevede pene più pesanti.
“Conviviamo con un doppio dolore”
I familiari di Tania oggi raccontano la durissima convivenza con la sua assenza, ma anche con il senso di ingiustizia: “La nostra Tania ci è stata strappata con violenza – dicono il fratello Antonino e la moglie Rosi – è stata lasciata lì, sull’asfalto, da questa persona che in tutti questi anni non ha mai fatto un passo verso di noi, riconoscendo il dolore che ci ha procurato. Perdonare è impossibile, ma sarebbe stato un gesto di umanità da parte sua. Il nostro è un dolore doppio perché Tania non ha avuto la giustizia meritava”.
“Parliamo sempre di lei”
Le lacrime cercano conforto nel ricordo, ma la famiglia della ragazza ha vissuto anche tutti i momenti importanti degli ultimi dieci anni provando sempre una gioia a metà. “Ci manca costantemente, parliamo spesso di lei – prosegue Rosi -. Il giorno del nostro matrimonio abbiamo sentito particolarmente la sua assenza”.
“Ho ballato con mio suocero – aggiunge, con un filo di voce – che è stato privato della possibilità di vivere quel momento indimenticabile con sua figlia. La felicità ha subito lasciato spazio alla commozione, perché Tania ha indossato l’abito bianco soltanto quando abbiamo dovuto dirle addio”.
“Nostra figlia porta il suo nome”
La giovane lavorava in un call center per mantenersi, ma la sua passione più grande era la scultura. L’arte e la famiglia erano la sua vita: “Quando è nata la nostra prima figlia – proseguono il fratello e la cognata – non abbiamo avuto dubbi, l’abbiamo chiamata Tania. La bambina porta il suo nome, in lei rivediamo il suo sorriso dolce”.
“Ma ci è stata tolta la possibilità di sognare e di condividere le gioie della nostra esistenza – dice Rosi, cedendo al pianto -. Tania non ha potuto conoscere i suoi nipoti. Anche lei avrebbe avuto dei bambini, i cuginetti sarebbero cresciuti insieme. Ci è stato tolto tutto”.
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“Ancora troppe vittime sulle strade”
Dopo la tragedia, sul luogo dell’incidente fu installato un semaforo pedonale. “Ma non basta questo per rendere le strade più sicure – prosegue la cognata -. Io stessa, un mese dopo la morte di Tania, stavo per essere investita nello stesso punto, mentre ero intenta a lasciare dei fiori. Per non parlare delle altre zone della città, dove attraversare vuol dire rischiare puntualmente la vita”.
L’appello
E poi un appello: “Leggiamo troppo spesso di altre vittime, come la nonna travolta e uccisa insieme ai due nipotini in via Portella della Ginestra poche settimane fa. La conoscevamo, quello che le è successo ci ha fatto inevitabilmente rivivere l’incubo in cui siamo piombati dieci anni fa. Servono provvedimenti che garantiscano concretamente più sicurezza, mettersi alla guida è un atto di responsabilità. Bisogna fare in modo che ciò che è accaduto a Tania non si ripeta ancora – conclude -. La sua perdita ha lasciato un vuoto che mai sarà colmato”.