Palermo-Juventus da copione | Confermata la legge del più forte - Live Sicilia

Palermo-Juventus da copione | Confermata la legge del più forte

Palermo-Juventus, squadre in campo (foto Facebook)

Un Davide che va rimpicciolendosi contro un Golia sempre più mastodontico. Al "Barbera" risuona la melodia del solito disco rotto di successi a strisce verticali. Lo stupore si è ridotto a comparsa di un calcio che non ha più posto per i sogni di popolo.

PALERMO – Nulla di nuovo sotto il sole: la squadra più forte che vince, quella più debole che le lascia strada. A sottolineare ulteriormente la monotona ovvietà di un campionato che, dopo il Mondiale di Germania, ha smesso di offrire contenuti tecnicamente appetibili. La Juventus batte il Palermo al “Barbera” con una condotta di gara sorniona, incentrata sull’attesa del colpo che avrebbe fatto saltare il banco: ci si aspettava Tevez, è arrivata la firma d’autore di Morata. Gran sterzata e sinistro sul palo più lontano. Niente da dire.

Potremmo focalizzare l’attenzione sulla chiusura tutt’altro che ottimale di Andelkovic in occasione della rete ospite o sulle difficoltà dell’attacco rosanero, adesso all’asciutto da oltre cinque ore e mezzo di gioco. Potremmo. Salvo renderci conto dell’abissale differenza economica, e pertanto tecnica, che condiziona queste sfide. Un Davide che va rimpicciolendosi contro un Golia sempre più mastodontico. Accade in sede di mercato, nell’ambito di quella cultura del sospetto che porta a ritenere plausibile l’esistenza di una sudditanza psicologica arbitrale, e di conseguenza in campo.

Un calcio sempre meno egualitario si fa spazio tra le maglie della passione, del tifo, dell’emozione pronta a coglierti alla sprovvista, della giocata a sorpresa in grado di entusiasmare anche i meno coinvolti. Lo stupore si è ridotto a comparsa rispetto a un proscenio dove non si recita più a soggetto ma secondo copione. Il più attrezzato vince, il più povero perde, lo scudetto è questione da risolvere all’interno di un triumvirato a strisce verticali. Non c’è più posto per i sogni di popolo griffati Cagliari, Fiorentina, Verona, Napoli, men che meno per il Palermo. Si soffre anche su entrambe le sponde del Tevere.

A essere portata all’esaltazione, la convincente motivazione del contante. Recentemente, il presidente della Lazio, Claudio Lotito, lo ha candidamente ammesso nel corso di una telefonata con un dirigente dell’Ischia, auspicando che squadre come Carpi, Frosinone e Latina rimangano ai margini del grande calcio per non “fare saltare tutto”. L’ultimo baluardo era l’appartenenza: la promozione conquistata dai rosa di Guidolin aveva aperto un varco di speranza, stroncato immediatamente dal solito disco rotto di successi bianconerossoazzurri.

E allora accade che, in un sabato di fine inverno, il Palermo si ritrovi ospite in casa propria, con i sostenitori della Vecchia Signora, giunti da ogni parte della Sicilia, a sbeffeggiare con cori di scherno gli unici colori dell’Isola rimasti a contrastare lo strapotere delle solite note. Tutto ciò, sia chiaro, non può e non deve essere considerato reato. Anche soltanto pensarlo sarebbe un’eresia. Semplicemente, si erge a testimonianza di un sistema che rischia di cancellare la poesia di uno sport fondato sui principi dell’abilità. E in cui il contante, almeno in teoria, non dovrebbe valere alcunché.


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