Palermo, scontro Kalsa-Brancaccio: 'corna' e pestaggio mafioso

Palermo, guerra Kalsa-Brancaccio: ‘corna’ e pestaggio mafioso

Mario Carlo Guttadauro contro un membro della famiglia Abbate

PALERMO – Una spedizione punitiva per reagire all’offesa. Qualcuno aveva “abbanniato” (urlato) insulti contro Mario Carlo Guttadauro, il figlio del boss di Brancaccio, arrestato assieme al padre due giorni fa. L’antefatto fu una questione di “corna”, un tradimento.

Nell’ottobre 2016 vittima del pestaggio fu Pietro Abbate, pregiudicato dell’omonima famiglia del rione Kalsa. “Ma loro lo sanno che significa abbanniarmi”, diceva Guttadauro.

Poco dopo le telecamere registrano un incontro fra Domenico Macaluso, Giuseppe Di Fatta e il giovane Guttadauro.

Prima le telecamere ripresero Francesco Paolo Amari e Valerio Nicosia che sfondavano a mazzate la vetrina del negozio di caffè della vittima, in via Messina Marine.

Non bastò. All’indomani “mi chiamo Piero a me – racconta Amari -, ti devo parlare… sì io pure vieni al negozio”.

Alle 17:20 i poliziotti intervennero in via Messina Marine dove era stata segnalata un’aggressione ad opera di due soggetti armati di bastone. Indossavano i caschi. Nessun dubbio: la scena è stata ripresa dalle telecamere, nonostante Pietro Abbate avesse fornito una ricostruzione “inverosimile” tanto da essere incriminato per favoreggiamento. La prognosi fu di 53 giorni: i colpi di bastone provocarono la frattura di braccio e gamba.

L’antefatto è una storia di tradimenti. Una ragazza della famiglia Abbate avrebbe avuto una relazione extraconiugale mentre il marito era in carcere. Mario Carlo Guttadauro avrebbe autorizzato il pestaggio del fratello della donna “colpevole del tradimento” : “Lo devi fare. Ti faccio un regalo perché in una maniera ti faccio sfogare”.

L’uomo incaricato del pestaggio spiegava: “No, non mi fai un regalo, è un dovere, perché io questa cosa non l’ho detta, nemmeno l’ho pensata mai nella mia vita, ti giuro su mia madre”. Cosa non aveva detto? Si era sparsa la voce che alla Kalsa davano del “cornuto e sbirro” a qualcuno vicino ai Guttadauro. Un’offesa imerdonabile.


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