Palermo, barba capelli e... mafia: la convocazione dal barbiere

Scene di vita mafiosa: “Mi convocò dal barbiere, disse che stavo sbagliando”

Il retroscena sulla gestione mafiosa delle scommesse sportive

PALERMO – La scena è di quelle che si vedono nei film. Vincenzo Vella era seduto sulla poltrona del barbiere. Rosario Montalbano era stato convocato perché “era partito con il piede sbagliato”. Stava aprendo un centro scommesse senza l’autorizzazione.

Vincenzo Vella è una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine. Già condannato per mafia è stato arrestato di nuovo in un blitz della squadra mobile dello scorso maggio. L’operazione è quella che ha fatto riemergere il ruolo di Giuseppe Arduino, mafioso di Brancaccio scarcerato nel 2020 dopo nove anni di carcere.

Rosario Montalbano, uomo del pizzo e della droga, da qualche mese è diventato un collaboratore di giustizia.

“Mentre facevo i lavori si presentò Vincenzo Vella, il quale mi disse che avevo bisogno di un’autorizzazione e io gli dissi che già la possedevo”, ha raccontato Montalbano. E arrivò la convocazione: “Mentre si stava facendo i capelli, mi disse che non potevo più aprire il centro scommesse”.

Montalbano riteneva di non avere violato le regole di Cosa Nostra e andò a bussare alla porta di Giuseppe Di Fatta, anche lui oggi detenuto. Svelato l’arcano: era stato il titolare di un centro scommesse a chiedere a Vella di intervenire per bloccare la concorrenza. Giuseppe Di Fatta “mi promise che mi avrebbe fatto aprire, c’era stato un equivoco”.

La vicenda conferma due cose. La prima: la mafia regola ancora la vita nei quartieri periferici, e non solo, della città di Palermo. La seconda: i boss sovrintendono al giro delle scommesse clandestine, i cui flussi di denaro vengono mascherati dietro attività apparentemente lecite.

Le parole di Montalbano ricalcano il contesto emerso dalle indagini sull’omicidio del boss in ascesa Giancarlo Romano, freddato dagli uomini che voleva egli stesso uccidere.


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