PALERMO – Nulla da fare per il boss palermitano Nino Rotolo. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dei suoi legali contro la proroga del carcere duro disposta dal ministero dell’Interno. Da 16 anni è al 41 bis, ma dovrà restarci.
Per la Suprema Corte, “Antonino Rotolo è stato per lungo tempo capo del mandamento mafioso di Pagliarelli, il suo ruolo apicale non è mutato, il semplice decorso del tempo e lo stato di detenzione non hanno cambiato ruolo e funzione dello stesso nell’organizzazione. Rotolo non si è mai dissociato e il gruppo criminale di appartenenza è operativo e vitale, come attestato da numerosi procedimenti penali. Dalla relazione di sintesi acquisita in atti si ricava l’assenza di revisione critica e un comportamento carcerario irregolare tanto da aver condotto alla irrogazione di plurime sanzioni disciplinari”.
In soldoni? Non ci sarebbero i presupposti per revocare il 41-bis, come invece aveva chiesto la difesa. I legali ritengono che non ci sarebbe la “pericolosità soggettiva che rende necessaria la prosecuzione del regime detentivo eccezionale” perché “ci sarebbero elementi che danno contezza della completa dismissione di qualsivoglia collocazione associativa”.
Sono trascorsi 16 anni dall’arresto “durante i quali nessun segnale di appartenenza è stato mai espresso dal ricorrente”. Inoltre ci sarebbe anche “una accertata modifica della realtà associativa nel territorio di riferimento, con estromissione del ricorrente da qualsivoglia collegamento criminale”.
La Cassazione la pensa in maniera opposta. Rotolo è stato condannato al pagamento delle spese processuali di 3mila euro. Non solo il capomafia non si è dissociato dalle condotte criminali, ma in carcere ha avuto anche un comportamento irregolare, “tanto da essere destinatario di plurime sanzioni disciplinari, tre ammonizioni e l’esclusione dalle attività in comune per giorni nell’anno 2019”.