PALERMO – La notizia della confisca dei suoi beni il boss Tommaso Di Giovanni l’ha ricevuta da uomo libero. Il boss di Porta Nuova ha finito di scontare la pena dieci giorni fa. Ha riacquistato la libertà, ma non ha più la disponibilità della macelleria di famiglia e di due case, di cui una composta da dieci vani.

Tradizione di famiglia
Si ingrossa l’elenco degli scarcerati. Al momento il capomafia ha il divieto di tornare in Sicilia. Proprio come il fratello Giuseppe. C’è una differenza sostanziale fra i due: Masino Di Giovanni ha lasciato il carcere dove il fratello rischia di finire. (nella foto una scritta su un muro del Capo)
È stato scarcerato mentre è in corso il processo che lo vede imputato con l’accusa di avere preso in mano le redini del mandamento in continuità con un altro fratello, Gregorio, il reuccio, detenuto dal 2018 quando i carabinieri scoprirono che si era riunita per la prima volta la cupola di Cosa Nostra dopo la morte di Totò Riina.

“Qua ci sono tre pilastri che non si possono toccare”, diceva Giuseppe Incontrera. I “pilastri” mafiosi a Porta Nuova erano Giuseppe Di Giovanni, Tommaso e Calogero Lo Presti. Gli ultimi due in carcere ci sono tornati, mentre Giuseppe è libero per una questione formale. E nei processi la forma è sostanza, specie quando scadono i termini per tenere gli imputati in cella.
La macelleria e le case
Per localizzare dei beni tolti per sempre a Di Giovanni basta seguire le tracce del sangue. La macelleria è in via Silvio Pellico, ad una manciata di metri dalla strada dove nel giugno 2022 è stato assassinato Giuseppe Incontrera, consuocero di Giuseppe Di Giovanni. C’è un condannato per l’omicidio non inquadrato fra i delitti di mafia.
La casa di dieci vani confiscata si trova nella zona di via D’Ossuna, strada dove nel 2017 fu assassinato l’anziano boss Giuseppe Dainotti. Il o i killer (non ci sono colpevoli ancora) attesero che uscisse di casa e salisse in bici per freddarlo.

Eredità mafiosa
I fratelli Di Giovanni al momento sono lontani da Palermo, dove invece è tornato un altro pezzo grosso della recente Cosa Nostra, Calogero Lo Piccolo, figlio e fratello dei boss di San Lorenzo Salvatore e Sandro Lo Piccolo.
C’era anche lui alla riunione della cupola del 2018 assieme a Gregorio Di Giovanni. La Corte di appello ha accolto l’incidente di esecuzione della difesa e ha riconosciuto che per essere giusta la pena a cui era stato condannato doveva essere di 8 anni e non di 13.

Il boss scarcerato a Brancaccio
A completare il quadro dei boss di peso scarcerati per fine pena c’è Nino Sacco di Brancaccio. Ha finito di scontare una condanna a 13 anni e gli era stata applicata la libertà vigilata con la permanenza in casa lavoro. Il Tribunale di sorveglianza ha accolto il ricorso della difesa.
Ci sono volte in cui i capimafia restano al 41 bis, il regime del carcere duro, nonostante abbiano finito di scontare la pena. Si va di proroga in proroga. Per Sacco è andata diversamente. I boss tornano liberi in una città dove in tanti continuano a subire il fascino della mafia.

