PALERMO – “Andate a casa degli altri senza permesso? Torno fra tre giorni. Vedete quello che dovete fare. Tre giorni, sennò ti scasso”, disse l’esattore del pizzo che nel maggio 2023 si presentò nel cantiere per la ristrutturazione di un palazzo in via Filippo Brunelleschi nel rione Cep.
Ed invece l’imprenditore non attese tre giorni e denunciò subito l’episodio. Il presunto uomo del racket è stato arrestato. Cosimo Semprecondio è uno dei dodici indagati nell’ultima inchiesta sulla famiglia mafiosa della Noce.
Una voce fuori dal coro dei silenzi di chi paga. Oltre all’imprenditore edile ha denunciato anche il titolare di un minimarket. Due uomini armati di pistola fecero irruzione nel suo negozio, nel giugno 2023. “Qualche giorno prima la serratura era stata danneggiata con la colla; poi, si è presentato un uomo dicendo ‘Tu qua non puoi lavorare’ – ha raccontato il commerciante che non è italiano -. Si è presentato anche il titolare di un negozio limitrofo, dicendo che era intenzionato a rilevare l’attività”.
Chissà se quest’ultimo paga. Potrebbe essere fra coloro che bussano alla porta dei boss. Si mettono in regola con la tassa mafiosa e poi chiedono il favore di eliminare la concorrenza.
La commessa di via Brunelleschi era di un certo peso: 7 milioni di euro. “Sono entrati due uomini – denunciò il costruttore -. Il più grande di età e fisicamente più robusto, rivolgendosi a noi, ha
esclamato in dialetto palermitano: ‘Con chi parlo?'”. E avanzò la richiesta di pizzo.
La vittima li ha descritti entrambi. I poliziotti della squadra mobile hanno incrociato il suo racconto con le immagini delle telecamere di videosorveglianza: occhiali da sole, vestito con jeans e maglia bianca aderente con maniche lunghe, scarpe scure con lacci bianchi, un borsello a tracolla di colore nero e teneva nella mano un casco da motociclista marca Momo. Il tentativo di estorsione vien contestato a Semprecondio, mentre il secondo uomo non è stato ancora identificato.
Il pizzo andava imposto con le modalità ordinate dal boss Guglielmo Ficarra: “Può essere un’offerta libera, può essere pure un euro, due euro, può essere duemila euro”, ma serviva un certo tatto per evitare la denuncia. Non come avrebbe fatto l’esattore di via Brunelleschi, appellato come “cato di munnizza” (secchio di spazzatura ndr)”.
Tempi duri e rischiosi per gli uomini del racket. Per fortuna qualcuno avrebbe smesso di pagare. “Per il fatto del ballerino ci sei andato a parlare quella volta? Ma… come mai… che succede?”, chiedeva un altro arrestato, Renzo Lo Nigro. Secondo la Dda il riferimento sarebbe a Nino “il ballerino”, Antonino Buffa, uno dei più noti venditori di street food della città.
Salvatore Chiovaro, annotano gli investigatori, “lasciava intendere che Buffa avesse interrotto la corresponsione di somme in favore della famiglia mafiosa della Noce, ma assicurava di essere
riuscito successivamente a convincerlo a riprendere con i pagamenti. E ipotizzava che la sospensione dei pagamenti fosse una reazione al fatto che la famiglia mafiosa non aveva apprestato una sufficiente protezione in favore del commerciante”.
I mafiosi continuano a dettare legge nei quartieri con una sostanziale differenza rispetto al passato. Gli operatori economici spesso sono conniventi. Sono loro a farsi avanti. Dallo sfratto alla lite a scuola: piccoli e grandi favori, ci pensa Cosa Nostra. Mentre scriviamo qualcuno sta pagando la protezione dei boss. Pasqua e Natale sono giorni tradizionali di raccolta delle estorsioni.