Palermo, dallo sfratto alla lite a scuola. Ci pensa Cosa Nostra

Dallo sfratto alla lite a scuola. Piccoli e grandi favori, ci pensa Cosa Nostra

Chi e perché si è rivolto ai boss

PALERMO – Non sempre si subiscono le angherie dei mafiosi. A volte è la gente comune a rivolgersi ai boss per chiedere piccoli e grandi favori. Se Cosa Nostra è ancora tentacolare si deve anche alla connivenza dei palermitani.

L’ultima inchiesta sulla mafia della Noce ricostruisce uno spaccato di degrado, dove è dominante una subcultura difficile da bonificare. Non basteranno uno, dieci, cento altri blitz. La mafia è nelle viscere della città.

Basta passare in rassegna alcuni casi smascherati dalla Direzione distrettuale antimafia. Settimo D’Arpa, pregiudicato per mafia di Resuttana, si era rivolto a Lo Nigro per aiutare una sua amica. “Senti una cosa, mi serve una cortesia a Passo di Rigano, una cortesia di una casa…”. In ballo c’era lo sfratto che la moglie di un detenuto aveva intimato ad una famiglia che abitava in una villa a Carini.

Subito Lo Nigro pensò di farsi aiutare da una “persona seria”: “Devo andare a vedere se è uscito Matteo Inzerillo. Forse lui è… vedi di incontrarlo e glielo dici e vedi cosa dice… non ti disturbare… dice Renzo… non ci disturbiamo per altri discorsi… solo a livello familiare”. La faccenda si sistemò, quantomeno lo sfratto fu rinviato: “Aspettiamo che esce lui”, disse riferendosi al marito detenuto della padrona di casa.

A Lo Nigro si rivolse uno spacciatore di droga del quartiere Sperone. Aveva avuto dei problemi con alcuni mafiosi di Brancaccio che fecero la voce grossa: “Qua mi hanno sparato nella saracinesca”. Il pusher avrebbe potuto rivolgersi al pregiudicato Tonino Marino: “Tonino è a casa agli arresti domiciliari, vero?… Marino… e perché non ci vai e glielo dici a lui”, suggeriva Lo Nigro.

Che però, visto il suo periodo di detenzione finito di scontare nel 2022, non sapeva che le cose erano cambiate a Brancaccio. Ora comandavano altre persone: “E questi come sono?… Glielo mando a dire?”, diceva Lo Nigro che si candidava ugualmente come interlocutore.

“Prima se ne devono andare quelli”, diceva un uomo interessato ad un appezzamento di terreno in via Ernesto Basile, vicino all’Università degli studi. “A quelli li facciamo andare via con le buone o con le cattive”, lo rassicurava Lo Nigro. Il boss della Noce aveva già individuato la persona con cui parlare, un vecchio compagno di cella: “Franco Annatelli, appena ci vado io. Me la sbrigo io… quando lui vede me… lui si squaglia tutto, era con me ad Asti”.

Un soggetto rimasto non identificato vedeva in Lo Nigro l’esponente mafioso di riferimento attraverso ottenere cui l’autorizzazione a rilevare un esercizio commerciale nella zona di Altarello: “In poche parole sono in trattativa… c’è la polleria… siccome l’hanno messa in vendita e onestante vorrei sistemare mio figlio perché fa il cuoco… non ne abbiamo problemi, giusto?”. Risposta affermativa: “Vabbè casomai glielo dici ‘l’ho detto a Renzo'”.

Un uomo che aveva avviato una rivendita di macchine di auto si premurò di avvertirlo: “Esposizione di macchine… almeno lo sai. Giusto?”; “Perfetto. Certo”.

Altri due soggetti si erano messi in fila per parlare con il mafioso. Il primo chiedeva l’intervento di Lo Nigro poiché temeva la reazione del padre di un ragazzino, compagno di scuola del figlio, che egli stesso stesso aveva aggredito. “Porta u picciriddu a calcetto. Chiudi il discorso. Basta. Poi più tardi ti faccio venire a lui e vi stringete la mano”, gli spiegava Lo Nigro.

Il secondo voleva rientrare in possesso di alcuni appartamenti di sua proprietà nella zona di Altarello di Baida, occupati da inquilini che non avevano intenzione di andare via. Risposta: “Gli ho detto qua ci deve lasciare due appartamenti… e noi gli svuotiamo pure la via”.

Un giorno Lo Nigro incaricò Carlo Castagna di recuperare soldi da un idraulico: “Questo fa il fontaniere, Tony… rintraccialo che ci deve dare cinquemila euro”.

Nel giugno 2023 Castagna accompagnò una giovane coppia nella zona di via Palmerino. “Questa
è pure una pizzeria nuova, nuova, nuova. Se la stanno togliendo perché fa entra ed esci dal carcere lui”, diceva il marito che aveva messo gli occhi sull’attività commerciale di un pregiudicato.

Dopo avere pronunciato la frase “la Noce è mia. È di proprietà mia… che devo fare”, Castagna accompagnò la coppia dal titolare, Giuseppe Di Marco, pregiudicato per mafia. Purtroppo marito e moglie erano arrivati tardi. “Testa che non parla si chiama cucuzza”, li rimproverò Castagna. Peccato, ma nelle intercettazioni dei poliziotti della squadra mobile, guidati dal dirigente Antonio Sfameni, è rimasta impressa la voce della moglie “Siete gli unici che risolvono i problemi”, diceva.

La mafia regola ancora la vita delle persone. I problem solver di Cosa Nostra fanno parte dell’elenco degli arrestati, in tanti dovranno attendere i nuovi capi prima di mettersi in fila per chiedere piccoli e grandi favori.


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