Figli, cognati e nipoti: la mutua di Cosa Nostra a Palermo

Figli, cognati e nipoti: la “mutua” di Cosa Nostra a Porta Nuova

Ivano Parrino, Giuseppe Di Giovanni e Giuseppe Auteri
Dal boss scarcerato al latitante: chi gestisce la cassa
PALERMO-IL BLITZ
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2 min di lettura

PALERMO – Il welfare di Cosa Nostra diventa reato. Con l’operazione di oggi, per la prima volta, la Procura di Palermo contesta ai boss detenuti e ai loro parenti il reato di ricettazione. “Giuseppe non ti dimenticare a fargli ricordare a vassoio per la fine del mese… a casa i problemi ci sono”: diceva Ivano Parrino a Giuseppe Incontrera nel corso di un colloquio. “Vassoio”, soprannome di Giuseppe Auteri, boss di Porta Nuova, custode della cassa, e latitante da un anno, doveva occuparsi del sostentamento delle famiglie dei detenuti.

“Mi ha dato 200 euro”

Di soldi ne giravano pochi. Bisognava accontentarsi. “Mi ha dato 200 euro ieri sera”, spiegava Rita Massa al marito, Ivano Parrino. In compenso, però, dalla cassa mafiosa giungevano i soldi per tamponare piccole e grandi incombenze: “Amò ti stavo dicendo una cosa per il fatto della bicicletta di Rosario già gli ho parlato con Giuseppe…”. Incontrera avrebbe pagato la riparazione. Anche di questo si occupava il boss la cui ascesa è stata frenata a colpi di pistola la scorsa estate alla Zisa.

Soldi al cognato del boss assassinato

Incontrera, cognato di Parrino, lo rassicurava: “… mi interessi tu per ora e io basta proprio… il resto è impegnato… non mi interessa tanto altro sangue mio… stai tranquillo”. Della catena di solidarietà ha goduto anche Giovanni Castello, condannato pe mafia e scarcerato a marzo 2022. Per un periodo è stato reggente della famiglia di Palermo centro. Delle sue esigenze si occupava Francesco Mulè, che dava indicazioni a Giuseppe Mangiaracina (entrambi sono stati arrestati nei mesi scorsi): “… tu lo sai dov’è il fratello di Giovannuzzo… gli dai 750 euro… sono tuoi”.

Il nipote del capomafia scarcerato

Ad occuparsi di altri due parenti di detenuti di spicco era Giuseppe Di Giovanni, considerato il reggente e scarcerato da pochi giorni per scadenza dei termini di custodia cautelare. Nel libro paga c’erano il nipote, Antonino, figlio del fratello Tommaso, e Maria Di Giovanni Mercedes, moglie di Gaetano Leto: “… io ho questi problemi con Mary o anche sotto tiro mio nipote Tonino, il figlio di Masino…”. Arrivavano lamentele, cosa che non avveniva quando era libero il terzo fratello, Gergorio Di Giovanni, allora “si mettevano la lingua in c…”.

Infine a beneficiare dell’aiuto economico era anche Francesca Paola Lo Presti, figlia del boss Tommaso Lo Presti, il pacchione, e Teresa Marino. I coniugi avrebbero scritto una lettera a Leonardo Marino affinché quest’ultimo la consegnasse al cugino Tommaso Lo Presti, detto il lungo, e a Giuseppe Di Giovanni: a Chicca Lo Presti andavano consegnati “sette e mezzo”.


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