Ecco come i boss di Palermo volevano riciclare i soldi della mafia

I 17 milioni dei vecchi boss nei conti esteri e l’ombra della truffa

Dalla mente finanziaria alla donna tedesca del mistero

PALERMO – Un intreccio finanziario internazionale per fare rientrare in Sicilia i soldi della mafia, milioni di euro sporchi. I soldi c’erano e sono pure transitati estero su estero, ma non c’è certezza che siano rientrati in possesso dei mafiosi che li volevano ripulire. Di che soldi si tratta? Dei patrimoni mai sequestrati ai vecchi boss oppure di soldi “rubati” dai mafiosi? Gli investigatori usano la parola “hackeraggio”. Oppure gli stessi boss potrebbero addirittura essere rimasti vittima di un clamoroso raggiro.

Il metodo Swift

Il capitolo sul riciclaggio è il più complesso dell’operazione che ha portato all’arresto di 11 persone. Sarebbe stato utilizzato il metodo Swift che serve per trasferire all’estero somme di denaro non rendendole più tracciabili. Le operazioni su cui si concentrano le indagini della Procura di Palermo sono due: una da 12 e l’altra da quasi 5 milioni di euro. Soldi affidati dai mafiosi palermitani ai “cugini” di Salemi. E cioè Salvatore e Andrea Angelo.

Lo Swift è una piattaforma informatica che consente alle banche per mezzo di un codice di scambiarsi messaggi con informazioni finanziarie. Una sorta di Whatsapp degli istituti di credito che permette ad esempio di assicurare l’avvenuto pagamento di un bene di valore prima della sua spedizione da un continente all’altro.

Il boss Micalizzi

Agli Angelo, padre e figlio, imprenditori di Salemi, si era rivolto il capomafia di Tommaso Natale, Michele Micalizzi, che aveva bisogno di spostare il denaro sporco della cosca. Al piano avrebbero preso parte imprenditori compiacenti e “ambigui personaggi del settore”, così li descrive il giudice per le indagini preliminari Antonella Consiglio.

La mente finanziaria

La mente finanziaria sarebbe stato Giuseppe Burrafato, indagato a piede libero. Salvatore Angelo lo invitata a fare attenzione perché dietro di lui c’erano “persone che hanno i nomi sulle spalle”. Lo stesso Burrafato ammetteva di avere a che fare con gente che conta in ambito mafioso. Gente pronta a rischiare: “I picciotti quando li arrestano e stanno mesi là dentro e gli saltano milioni e milioni di euro di travagghi che hanno fatto, cu l’ava a chianciri sti cose?… chi si deve assumere la responsabilità?… cioè ci sono degli arresti, eventualmente possono esserci dei mandati di cattura senza che guadagno niente… tutte queste telefonate fare e dire…”.

La paura della moglie

Quando nel marzo 2020 Burrafato si accorse di avere un localizzatore satellitare in macchina nel giorno in cui era andato ad incontrare Michele Mondino, un altro degli arrestati a Palermo, Andrea Angelo lo tranquillizzava perché “Michele non è uno che ha precedenti per mafia… “. Alla moglie preoccupata (” … ma vai in carcere? Ti uccidono?”), Burrafato rispondeva: ” … non ti preoccupare, si mette davanti lui e poi mi ha detto: a te non ti tocca nessuno perché ce la sbrighiamo io e mio padre”.

I soldi della mafia in Germania

Agli Angelo per le operazioni finanziarie si erano rivolti, oltre a Micalizzi, anche Vincenzo Lo Piccolo, Salvatore Lotà e Salvatore Marsalone, utilizzando Mondino come tramite con i salemitani. Gli inquirenti hanno intercettato nel cellulare di Buffatato il file del report Swift, una sorta di riepilogo degli elementi necessari per identificare gli estremi della transazione. Tutti i soggetti che partecipavano al piano venivano retribuiti.

Secondo gli inquirenti, ad esempio, gli Angelo avrebbero incassato una commissione del 10% dei fondi trasferiti. Dall’analisi del documento si è accertato che il 4 dicembre 2019 sono stati trasferiti 12 milioni di euro dal conto di un istituto di credito tedesco (una filiale di Francoforte della Deutsche Bank) al conto di un diverso istituto di credito con sede nella medesima città (una filiale della Hsbc di Francoforte). I soldi della mafia sono poi transitati sul conto di una società.

Il passaggio successivo prevedeva di individuare persone pronte ad accettare che il denaro passasse dai loro conto correnti. Tra questi una donna di origine tedesca: “Una signora che ha 40mila palle, conosce tutto il mondo, 4 o 5 lingue”, dicevano di lei gli indagati, ma anche imprenditori spagnoli e irlandesi.

I primi sospetti

Servivano dei “codici di scarico” per poter effettuare il prelievo delle somme precedentemente trasferite. Sono state intercettate delle conversazioni in cui gli indagati spiegavano: “Mi deve garantire che lui la porta avanti e che risolve il problema”; “… fatti dire cosa vuole perché questi possono diventare pure soldi”.

Lo stesso Burrafato diceva: “… aspetto quest’appuntamento di domani… io domani lo capisco subito se è una cosa vera o è una minchiata… la sensazione è che sono tutte fesserie, tutto qua… gli ho detto: se mi date queste cose io allora il prodotto è vero, se non mi date queste cose vuole dire che non c’è niente”.

I dubbi del consulente

Il 2 febbraio 2020 Lo Piccolo manifestava dubbi a Burrafato “perché vedo cose sbagliate numeri sbagliati tu mi dici un numero lui mi dice un altro numero… sono persone che mi chiamano e aspettano a me e mi dicono minchia ci hai fatto fare tutte cose e ci lasci in tredici hai capito. Si fanno brutte figure”.

Il 29 febbraio scorso gli investigatori hanno chiesto un parere ad uno dei massimi esperti del metodo Swift. Sulla transazione da 12 milioni di euro ha spiegato che il report trovato nel cellulare di Burrafato “non avrebbe mai passato la valutazione dello standard operata da una rete Swift”.

Da qui le parole del gip che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare: “È plausibile ipotizzare che per il tramite di Burrafato Giuseppe, si sia potuta tentare una truffa in danno dei committenti siciliani. Che vi possa essere stato un raggiro a monte che potrebbe peraltro giustificare il dato relativo al mancato pervenimento delle somme sui conti degli interessati”.


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