PALERMO – Un boss, l’amico e una scappatella di troppo. È una storia senza nomi per tutelare soprattutto due donne. Una storia di mafia e tradimenti, di vendette dal sapore medievale, di onore da difendere laddove, in Cosa Nostra, onore non c’è.
Nel cuore della vecchia Palermo salta fuori che il figlio di un mafioso che conta ha tradito la moglie, nonché imparentata con qualcun altro che ha voce in capitolo e pretende che l’onta venga lavata. Lui è andato via di casa appena lei ha scoperto la relazione extraconiugale: “… è troppo scaltra nei telefonini è andata a trovare il profilo falso”. Il marito “è scappato, bianco come la carta velina”.
La prima reazione è la più classica in certi ambienti. Di chi è la colpa? Della ragazza, “naturalmente”. Una rovina famiglie che si è mezza in mezzo fra moglie e marito. Di chi altro può essere la colpa. “Ma questa pullicella a chi appartiene?”, dice il boss rivolgendosi al papà ferito nell’onore: “Sono deluso, ti giuro ai miei figli”.
“Se arriva a fare una cosa di queste si può levare pure dall’anagrafe”: la colpa è del ragazzo, lo sanno bene. Però la prima reazione è la convocazione dello zio dell’amante. Le frasi sono sprezzanti: “Vagli a dire a tua nipote che si cuce lo s… questa grandissima… falla andare via dal lavoro…”.
La punizione arriva pure per lui, ma resta riservata. Non si deve sapere, anche se sarà stato davvero difficile, stando alle intercettazioni, nascondere le conseguenze. Di sicuro lo hanno picchiato. Le cimici registrano frasi inequivocabili: “Il sangue sghiddava da tutte le parti… la macchina la stava girando sotto sopra… glieli dava tutti in faccia… pampampam… lo ha ammazzato”.
L’onore era salvo. La vita è tornata alla normalità fra i boss di Cosa Nostra dove onore non c’è.