'Palermo, no vax ricoverati e lacrime: l'inferno del Covid'

‘Palermo, no vax ricoverati e lacrime: l’inferno del Covid’

L'odissea umana di un ricovero al 'Cervello'. Ecco il diario che ci ha commosso.

Potremmo chiamarlo Ismaele, un nome di copertura che non è il suo, per raccontare l’inferno del Covid, proteggendo la privacy e salvaguardando la storia. Ismaele, sì, come il marinaio che si imbarca sul Pequod, la baleniera del capitano Achab alla ricerca di Moby Dick, e riesce a tornare per riferire quello che ha visto. Sono tanti, per fortuna, gli Ismaele che ritornano a casa e abbracciano quelli che amano, grazie al vaccino. Sono troppi quelli che non si proteggono e affondano nel gorgo di un errore fatale. Il nostro protagonista è un lettore di LiveSicilia.it che scrive un diario per il giornalista e narra dei suoi smarrimenti e, infine, della sua compunta felicità, dopo le dimissioni. Una trama intessuta di giorni ed emozioni.

L’incipit: “Oggi purtroppo sono positivo al Covid (con terza dose) e sono al PS del ‘Cervello’ e ho scritto due impressioni durante le ore di attesa mentre fuori imperversano TV giornali e sanitari… Sono da due ore, positivo al Covid, dentro la tenda di preaccesso del ‘Cervello’ di Palermo. Un grande spaccato di umanità ferita: Una ragazza giovanissima che piange, un’altra che ha un forte mal di testa, un uomo con ossigeno che non parla, alcuni pazienti che invece parlano fra di loro per sdrammatizzare fino a dire: ‘Ero solo a casa qui almeno parlo con qualcuno’. Una signora si lamenta per un forte mal di testa. Il primario, la dottoressa Maniscalchi, come una mamma premurosa, entra in tenda e dispensa sorrisi e richieste sullo stato di salute (credo che sia al lavoro ininterrottamente da giorni) dei pazienti”.

Medici ed infermieri eroi senza gloria né riconoscimenti anzi, sempre pronti a rischiare per nulla altro che lo stipendio. Ma quello lo prendono tutti. Le TV fuori riprendono le scene di un caos che con un po’ di accortezza politica poteva essere, quanto meno, mitigato. Sono in trincea di una guerra che non avrà ne vincitori ne vinti ma soltanto morti, feriti ed un periodo in cui l’umanità non sarà più la stessa se non altro perché questa è la più grande, grave pandemia che l’umanità ricorderà per sempre. Un pensiero mi sfiora la mente… Ogni Titanic mentre affonda ha una sua orchestra che continua a suonare le note di un vecchio valzer viennese….”.

Benevolmente, i vaccini e le terapie giocano alla grande la partita. Arrivano le dimissioni e un’altra pagina di diario: “Sono stato due giorni all’ inferno come Proserpina, ed ho visto dolore e sofferenza cose che un’amica che lavora in rianimazione Covid dello stesso ospedale mi raccontava da due anni”.

“In due giorni ho visto di tutto ho parlato con una ragazzina di 30 anni (quella che piangeva nel tendone), minuta minuta, con tre dosi di vaccino e con polmonite iniziale, un uomo di 83 anni che di vaccini ne aveva fatti ben 5 come diceva lui, 3 di Piper (si ride e si piange) 1 di antinfluenzale e 1 di antipolmonite e che comunque nonostante il Covid e l’età, grazie al Piper, è uscito sulle sue gambe, una no vax con tumore ai polmoni che non ha fatto altro che protestare fino a far arrabbiare il primario. Con la no vax, in stanza con me, ho parlato a lungo ed ho capito che queste persone, in gran parte, sono confuse e molto spaventate”.

Ho tentato a lungo di farle capire quanto poteva essere importante per lei di sottoporsi alla mia stessa terapia ma dopo ore di lotta non sono riuscito ed è un mio rammarico. Si è dimessa volontariamente ed è andata via dicendo che la sua dignità era superiore a qualsiasi cosa e io arrabbiato ma con estrema gentilezza in un tentativo disperato di farle cambiare idea le ho risposto che non sarebbe stato un granché l’epigrafe … ‘Qui giace una donna dignitosa’ … Sto bene anzi meglio ed è questo che conta per me ma non riesco a guardare solo me e sono estremamente dispiaciuto e contrariato”.

La conclusione: “Avevo una pallida idea di ciò che succede ed è successo negli ospedali ma ieri e l’altro ieri ho visto con i miei occhi ed anche sentito la gente che soffre, ho visto le difficoltà degli operatori sanitari tutti e la loro dedizione, i sorrisi le arrabbiature, la tenacia nel voler curare a tutti i costi, anche chi quella scienza la rinnega”. L’ultima riga è un saluto affettuoso che nasconde un sorriso ammaccato. Nonostante la tempesta e i colpi di coda del mostro, Ismaele, ancora una volta, è tornato a casa.


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