Ciao Biagio, questa è un’altra notte alla Missione di via Decollati, nella camera ardente. Domani sera (lunedì 16 gennaio) le tue spoglie saranno trasferite in Cattedrale. Si terrà una veglia di preghiera, prima dei funerali di martedì (qui è riassunto il programma). Poi, tornerai alla Cittadella del povero e della speranza, per essere tumulato e restare vicino, anche fisicamente, a tutto ciò che ami e che non smetterai di amare. Un commiato terreno si è già consumato, ma noi siamo esseri umani, poveri esseri umani, legati ai nostri sensi. E, quando qualcuno muore, quando non ci sono più voci per parlarsi e orecchie per ascoltare, ci sono gli occhi. E si ha quasi l’impressione che questa morte non sia poi il distacco che si teme, se coloro che abbiamo amato rimangono, per un po’, distinguibili, nel perimetro della nostra vista.
Chi ha perso un padre, per esempio, rammenta con affetto quei momenti lunghissimi di muto colloquio, se si ha avuto la fortuna di scorgerlo, prima che una bara fosse chiusa. E tutto trattiene. Il colore della cravatta, nella composizione funebre del vestito buono. La serenità della pace, dopo tanto lottare. Il piccolo coro dolente delle anime consolatrici. Come in un sogno sospeso, senza presenza, ma senza vero distacco. Come in una rarefazione tra il sonno e la veglia. E’ andato via davvero qualcuno, o domani mi sveglierò e ci riabbracceremo?
Così è stato, Fratel Biagio, per la tua malattia. Sapevamo che non ci sarebbero stati orizzonti di guarigione. Ma poi, una volta messo a fuoco l’ineluttabile, capita di cullarsi nello sgocciolare del tempo. Finché chi sta per partire resta con noi, ci si illude. Magari si spera, oltre ogni speranza umana, che un sofferente possa alzarsi dal suo letto, sorridere e venire incontro per non morire più.
In questa notte li immaginiamo tutti, i tuoi fratelli. Il caro don Pino, con la sua forza. Il caro Francesco, con la sua chitarra e i suoi sorrisi. Il caro Riccardo, che conosce persone e gatti. Le care sorelle della Missione. Il caro Antonio e le sue lacrime. Il caro Luciano e la sua barba bianca. Tutti, sì, senza citarli tutti, li immaginiamo, ognuno con la sua pena e con la sua fede. E come dimenticare i colleghi giornalisti: Claudia, Anna, Igor, Rosaura, Giorgio, Angelo, Giancarlo e l’elenco da completare di una passione lunga. Si è lavorato, fianco a fianco, e si è cresciuti come persone. Perché non è stata semplice cronaca quella che ci siamo sforzati di riferire.
Tu sei Biagio Conte e lo sarai in eterno. Nei giorni e nelle notti che abbiamo avuto il dono di passare insieme – nelle missioni per strada, al tuo capezzale, nella camera ardente – ognuno ha ricevuto qualcosa di inestimabile, dando il suo molto o il suo poco: quello che poteva. Ciao, Biagio. Andrai via dalla Cittadella e tornerai per riposare accanto ai tuoi fratelli. Nei giorni che verranno, sarai con noi. Non ti diciamo addio. (Roberto Puglisi)