PALERMO – “Se non ti metti con me ti sfregio la faccia con l’acido”, avrebbe detto Alessandro Sammarco alla figlia dell’uomo che ieri sera ha ucciso a colpi di pistola per strada a Brancaccio.
I parenti della vittima, Natale Caravello, si sfogano con gli investigatori nelle ore immediatamente successive all’omicidio. Ricostruiscono uno dei momenti di tensione di un rapporto che solo Sammarco avrebbe voluto che divenisse una relazione sentimentale.
Gli agenti della squadra mobile di Palermo mettono a posto i tasselli di un racconto ancora da completare. L’obiettivo è ricostruire il movente che ha spinto un ragazzo a diventare un assassino, impugnando una pistola.
I familiari di Caravello ricostruiscono l’incubo in cui era precipitata la figlia. Il ragazzo nel corso dell’interrogatorio davanti al pubblico ministero Gianluca De Leo ha riferito dei contrasti avuti con Natale Caravello che, a suo dire, gli impediva la relazione con la ragazza. Non è stato chiaro sul punto. Non ha saputo spiegare in che cosa si concretizzasse l’atteggiamento dell’uomo.
La verità e che la relazione, così spiegano i parenti, sarebbe esistita solo nella mente del giovane assassino.
Caravello, in questi mesi, avrebbe parlato con i parenti del ragazzo, tentando di convincerlo a smettere di essere ossessivo e minaccioso.
Ieri il tragico epilogo. Il ventenne, nipote dei boss Bronte, garzone nella bottega di ortofrutta che i parenti gestiscono a Ballarò, ha colpito alle spalle Caravello, giardiniere della Reset in servizio al cimitero dei Rotoli.
Il giovane ripete di avere fatto fuoco per paura. Temeva che la vittima stesse estraendo la pistola e si è difeso. Nulla di tutto ciò sarebbe avvenuto. Gli investigatori ritengono che sia stato un agguato premeditato. Sammarco lo ha atteso armato. La pistola se l’è procurata grazie a un tunisino. L’ha comprata 600 euro. Così ha detto nel corso dell’interrogatorio. Ci sono elementi che meritano anche l’attenzione della Direzione distrettuale antimafia.