Palermo, non uccise moglie e cognato: stop al risarcimento

Palermo, non uccise moglie e cognato: niente risarcimento da 150mila euro

Il giallo del duplice omicidio

PALERMO – Stop al risarcimento danni per ingiusta detenzione. La Cassazione ha stabilito che bisogna fare un nuovo processo di appello. Natale Romano Monachelli aveva ottenuto 150 mila euro per i due anni trascorsi in carcere da innocente.

Dopo una sfilza di processi – fra annullamenti e rinvii – era stato assolto dall’accusa di avere ucciso, il 21 novembre 1994 a Villagrazia di Carini, in provincia di Palermo, il fratello Filippo, tossicodipendente, e la cognata Elena Lucchese.

La storia risale al 1994, quando viene trovato un Fiat Fiorino bianco con dentro i cadaveri carbonizzati di marito e moglie, prima crivellati di colpi. Le indagini si concentrano sul cognato che fa il tassista. Nulla di fatto. Qualche anno dopo si trasferisce in Svezia dove apre un ristorante-pizzeria, portando con se anche il nipote e figlio delle vittime di cui si prende cura.

È la compagna svedese di Romano Monachelli ad accusarlo. Sembra la svolta solo che la donna prima dice che non può tenersi dentro questo segreto, ma poi ritratta. Le accuse risalivano al periodo tormentato della fine della loro relazione. Caso chiuso e riaperto nel 2009 quando nella vicenda irrompono le dichiarazioni del pentito di mafia Angelo Fontana dell’Acquasanta. L’imputato viene accusato di avere ucciso il fratello che picchiava la madre. Era un tossicodipendente, aveva sempre bisogno di soldi e diventava violento. Così, racconta Fontana, il fratello lo ha ucciso in un garage, a Palermo, nella zona dello stadio. Subito dopo ha ammazzato la moglie che voleva mettere le mani sull’eredità del fratello Filippo.

Per sbarazzarsi dei corpi Natale Romano, prosegue il pentito, si rivolge a un suo caro amico: Giovanni Bonanno che sarà poi vittima di lupara bianca per mano dei boss Lo Piccolo. Alcuni anni dopo arrivano le dichiarazioni di Giuseppe Tantillo, ex boss del Borgo Vecchio pure lui divenuto collaboratore di giustizia. Sposta il movente dell’omicidio sulla droga. Storie di spaccio, di debiti non saldati.

Storie fumose e mai credibili fino in fondo. La vita di Romano Monachelli è rimasta appesa a lungo a un filo. Infine l’assoluzione. La Cassazione parla ora di “opacità’ del complessivo comportamento tenuto dall’imputato… in riferimento specifico al silenzio serbato nella fase dell’indagine”. In piedi resta il giallo: chi ha ucciso le due vittime?


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