Palermo, microspie alla Regione e al Comune: truffa, 10 condanne

Cimici alla Regione e al Comune: truffa e tangenti, 10 condanne

Raggiri per prestiti, acquisti di auto e reddito di cittadinanza

PALERMO – La truffa ai danni di banche e finanziarie correva lungo la linea telefonica della Regione siciliana, con la complicità di un impiegato comunale. Ci sono anche un ex funzionario del Dipartimento regionale Sviluppo rurale e territoriale e un dipendente dell’ufficio anagrafe fra gli imputati condannati dal giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta. In alcuni casi venivamo falsificati i certificati di residenza per incassare il reddito di cittadinanza.

Gli imputati e le pene

Lorenzo Motisi, impiegato regionale, è stato condannato a tre anni. Più pesante, 5 anni e 4 mesi, è la pena inflitta a Salvatore Randazzo, in servizio alla delegazione comunale di via della Capinera. Gli altri condannati sono: Antonino Abbate 2 anni, Francesco Corrao 2 anni, Annalisa Fiorentino 2 anni e 10 mesi, Benedetto Matta 2 anni, Vincenzo Ribuffa 2 anni e 10 mesi, Angelo Rosato 2 anni e 4 mesi.

Hanno patteggiato un anno e 10 mesi ciascuno Fortunato Mancino e Salvatore Picciurro.

Assolti Alessandro La Spesa e Calogero Frenna, difesi dagli avvocati Tommaso De Lisi e Jimmy D’Azzò.

Il blitz

Il blitz dei carabinieri della compagnia di Bagheria scattò lo scorso febbraio. Le indagini erano coordinate dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dai sostituti Chiara Capoluongo e Andrea Fusco. I due dipendenti pubblici in cambio di soldi avrebbero dato una mano all’organizzazione per creare false identità e ottenere prestiti per oltre mezzo milione di euro.

I reati contestati a vario titolo erano sono associazione per delinquere finalizzata alle truffe e sostituzione di persona, fabbricazione di documenti falsi, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio ed accesso abusivo ad un sistema informatico.

Come funzionava la truffa

Il dipendente comunale avrebbe fornito i dati anagrafici (stato civile e numero dei documenti di riconoscimento) di facoltosi professionisti in pensione. Quindi venivano falsificate le carte d’identità per avviare le pratiche di finanziamento con importi compresi tra 12.000 e 80.000 euro. In altri casi grazie alle false identità venivano comprate macchine – soprattutto Jeep e Mercedes – che poi sarebbero state subito rivendute a terze persone.

Una volta confezionata la falsa identità nella domanda per il prestito veniva indicato che la persona che chiedeva i soldi era un dipendente della Regione siciliana. Per rendere più credibile il tutto si aggiungeva il numero di telefono dell’ufficio a cui chiedere informazioni.

“Pronto Regione?”

Dall’altro capo della cornetta Motisi, in passato indagato per truffa e sospeso, rispondeva e confermava che sì, era tutto vero. L’indagine era partita dal tentativo di raggirare un carabiniere. Volevano vendergli una macchina comprata, mai pagata e intestata ad una persona inesistente. Il militare si accorse della truffa e ha fatto saltare il banco.

“Tieni qua i soldi”, captarono le microspie un pomeriggio del 2020. Grazie alle immagini della videocamera piazzata dai carabinieri della compagnia di Bagheria è stato anche immortalato il passaggio di denaro fra Di Fatta e Randazzo.


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