PALERMO – Al termine della requisitoria il pubblico ministero aveva chiesta una condanna a 23 anni di carcere ed invece Mirko Lo Iacono è stato assolto. Era accusato di due tentati omicidi aggravati dal metodo mafioso, avvenuti allo Zen, e di porto e detenzione illegale di arma comune da sparo.
Gli agguati alla famiglia Colombo allo Zen
Nel primo episodio Lo Iacono era imputato in concorso con Litterio, Pietro e Vincenzo Maranzano e Nicolò Cefali (tutti giudicati con il rito abbreviato e condannati in via definitiva, stanno scontando pene comprese fra 10 anni e 12 anni e 5 mesi.
Il 23 marzo 2021 un commando tentò di assassinare Giuseppe, Antonino e Fabrizio Colombo in via Filippo Patti. Secondo i pm si trattava di una “faida per il controllo del territorio”. I Colombo si nascosero dietro le auto parcheggiate e riuscirono a scampare alla pioggia di fuoco esplosa ad altezza d’uomo
Nel secondo tentato omicidio Lo Iacono, in concorso con una persona mai identificata, il 20 novembre 2021, avrebbe sparato ad Antonino e Giuseppe Colombo e a Maria Terzo in via Rocky Marciano, sempre allo Zen.
Non ha commesso il fatto
La quarta sezione del Tribunale di Palermo, presieduta da Bruno Fasciana (relatore Giangaspare Camerini), dopo una lunga camera di consiglio non ha accolto la richiesta del pm ed è arrivata l‘assoluzione con la formula “per non aver commesso il fatto”. Le motivazioni si conosceranno tra 90 giorni.
Gli avvocati della difesa, Giovani Castronovo e Riccardo Bellotta, hanno puntato innanzitutto sulla inattendibilità della persona offesa Giuseppe Colombo e della compagna. Anche Attanasio Fava e Giovanni Cefali erano stati indicati come componenti del commando di fuoco.
La posizione del primo fu archiviata: all’orario in cui venne consumato il tentato omicidio ai danni dei Colombo l’indagato (difeso dagli avvocati Debora Speciale e Alfonso Papa) stava lavorando nella sua macelleria a Ballarò) e non si trovava allo Zen.
Giovanni Cefali, anch’egli assistito dall’avvocato Giovanni Castronovo, è stato assolto dalla quarta sezione della Corte di Appello di Palermo, dopo l’annullamento con rinvio disposto dalla prima sezione della Corte di Cassazione.

La difesa ha anche evidenziato che il contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali allo Zen che portarono all’arresto di Lo Iacono era generico e privo di riscontro. Il ventinovenne resta detenuto perché coinvolto in un’altra inchiesta per un giro di furti di auto con il sistema del “cavallo di ritorno”.

