Palermo, serve più coraggio |e puntare sul giovane Dybala - Live Sicilia

Palermo, serve più coraggio |e puntare sul giovane Dybala

Dalla penna della storica firma rosanero Benvenuto Caminiti la consueta riflessione del lunedì sulla partita del Palermo. Un peccato relegare in panchina una risorsa fresca come il giovane talento argentino costato 12 milioni che in pochi minuti ha costretto due avversari a ricorrere alle maniere forti per frenare la sua velocità.

IL PROCESSO DEL LUNEDì
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PALERMO – Dopo questo crudele e ingiusto 1-0, subito a Bergamo, io mi chiedo: “Avere solo 18 anni è forse una colpa irredimibile?”.  E sì, dev’essere così, altrimenti non riesco a spiegarmi perché fanno marcire un talento da 12 milioni euro in panchina e lo gettano nella mischia quando ormai non c’è più niente da fare. E’ successo una volta di più con l’Atalanta (era già accaduto a Roma con la Lazio), tenuta a bada tranquillamente per 88 minuti e passata inopinatamente in vantaggio a due minuti dalla fine.

Sto parlando, l’avrete capito tutti, di Paulo Dybala, la “Joya” argentina del Palermo, l’ultimo superacquisto di Zamparini, che per averlo e precedere tutti gli altri pretendenti, si è svenato al punto da aver chiuso con lui tutta la campagna acquisti del Palermo (Rios, a parte, che, però, era stato adocchiato e preso molto prima e, comunque, non è poi costato granché). Dybala qui, Dybala lì… Dybala domani esordisce dal primo minuto… E’ finalmente arrivato il suo momento…Non si può indugiare più, visto l’attacco anemico che ci ritroviamo…”.

Insomma, da quattro domeniche a questa parte non ho sentito dire altro: tutte fregnacce, perché Paulo ha giocato solo due spezzoni di partita, uno (di circa 20-25 minuti) a Roma con la Lazio e l’altro questo pomeriggio a Bergamo, quando praticamente la partita era finita. E persa. E l’ho trovata, questa decisione di buttarlo dentro a cose fatte, più ingiusta e crudele della stessa sconfitta. Che, ripeto, il Palermo non avrebbe meritato, avendo controllato la partita dal primo all’ottantottesimo minuto senza particolari assilli, se si esclude un tiraccio di De Luca, ad un passo dalla rete rosanero (ma tutto defilato), finito tra le braccia di Ujkani.

Ma dicevo di Dybala e del modo sventato (è un eufemismo) di impiegarlo (anzi, di non impiegarlo): avessimo in squadra chissà quali e quanti attaccanti, potrei capire l’eccessiva prudenza nell’ ”evitare di bruciare un talento purissimo, dalla classe indubbia, ma troppo, troppo, troppo (scriverei altri “troppo” ma mi trattengo) giovane”. Il risultato? Tre sconfitte e uno striminzito pareggio casalingo col Cagliari, una classifica che già versa lacrime amare (non solo quelle dei tifosi ma di chiunque ami il calcio e vorrebbe in campo sempre i migliori, a prescindere dall’età, verde o gialla che sia) e la distanza tifosi-società che da siderale rischia di diventare incolmabile.

Perché il Palermo è una “piccola” squadra e non riconoscerlo può diventare più pericoloso perfino dei suoi limiti tecnici, anche se per la prima volta, dopo tre partite, (Napoli, Lazio e Cagliari), abbiamo intravisto finalmente un’impostazione di squadra con una diversa mentalità, cioè quella di fare la partita e non subirla; insomma, un Palermo con un progetto ben definito di gioco. Cosa mai vista in precedenza e questa è tutta farina del sacco di Gasperini, uno che ha il suo modo di intendere il calcio e farlo praticare alle sue squadre: E sovente ci riesce, vedi Crotone e per anni il Genoa. Poi, magari, si blocca bruscamente davanti a un palcoscenico più grande di lui, ma non demorde e, appena gli si presenta l’occasione, risfodera le sue armi, che sono calcio giocato a viso aperto, spazi coraggiosamente impegnati da un angolo all’altro del terreno di gioco e coraggio, tanto coraggio. Come quello di schierare Donati centrale della difesa a tre, che è il suo “credo”, quello sul quale ha costruito la sua più onesta carriera. E per la prima volta, noi tifosi rosanero abbiamo visto giocare una squadra, non solo undici giocatori in cerca di un canovaccio purchessia. Solo che – vecchia e insormontabile verità- se in organico non ti trovi nessuno che sa metterla dentro (il rendimento dell’Hernandez attuale è irrilevante) qualsiasi idea geniale, qualsiasi impostazione tattica finiscono in una bolla di sapone. E basta uno spunto solo all’avversario, magari su corner, per gettare all’aria tutte le tue buone intenzioni e rimandarti a casa con tanti elogi e uno zero grosso grosso in saccoccia.

E qui, casca l’asino, perché tutto il coraggio di Gasperini, che in una settimana è stato capace di rivoluzionare gioco e squadra, si è disciolto nel nulla, per non aver rischiato a tempo debito il “bambino”, quel Dybala che sarebbe comunque uno spreco intollerabile tenerlo lì, a marcire in panchina. E non  riesco a darmi una spiegazione, e spero la fornisca quanto prima Gasperini, che di calcio certamente ne sa più di me: vorrei capire perché lo ha tenuto in castigo per 88 minuti, visto che Hernandez non cavava mai un ragno dal buco e, per quanto il Palermo gestisse gioco ed avversario con disinvoltura, non creava mai seri pericoli alla tutt’altro che irresistibile difesa orobica. Mi è venuta tanta rabbia quando l’ho visto entrare in campo a partita praticamente finita. Poi ho visto come ha toccato di prima il primo pallone, com’è sgusciato all’avversario e come questi è stato costretto a falciarlo di brutto. Tanto da beccarsi l’ammonizione. Lui si è rialzato e, appena ricevuta la palla, l’ha lavorata così rapidamente da bersi un avversario, che – anche lui – l’ha tranciato netto e anche lui si è beccato l’ammonizione.

Insomma, ha creato più problemi lui in cinque minuti alla difesa avversaria che Hernandez e soci in tutta la partita. Eppure, uno così lo si tiene in panchina e poi (ma soprattutto prima) si dice, a mo’ di giustificazione: “E’ un ragazzo, ha solo 18 anni, debbo badar bene di non bruciarlo”. E così, mentre un tecnico va e un altro arriva, Dybala continua a restare in panchina e il Palermo a perdere, pure quando non se lo merita. Come con l’Atalanta.


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