PALERMO – Il carabiniere del Nas Loreto Li Pomi lascia gli arresti domiciliari. Lo ha deciso il giudice per le indagini preliminari. Il luogotenente è indagato nell’inchiesta “Sorella sanità2”. Le esigente cautelari si sono affievolite alla luce dell’interrogatorio di garanzia – Li Pomi ha negato tutte le accuse – e tenuto conto che a gennaio andrà in pensione.
La misura cautelare, su richiesta dell’avvocato Michele De Stefani, è stata sostituita con il meno afflittivo divieto di dimora a Palermo.
A tirarlo in ballo sono Salvatore Manganaro, imprenditore agrigentino, e il suo “socio” nelle tangenti, Fabio Damiani, alla guida della centrale regionale per gli appalti.
È Manganaro ad attribuire a Li Pomi una “azione di terrorismo nei confronti di Damiani”. Il militare sessantenne avrebbe esercitato pressioni per cercare di favorire Massimiliano D’Aleo (a cui è stato imposto l’obbligo di dimora), rappresentante della Generay nella gara da 17 milioni bandita dall’Asp di Palermo per la manutenzione delle apparecchiature medicali.
Damiani ha aggiunto che “lui iniziò a tentare approcci con me che riguardavano appunto la gara… mi chiedeva informazioni, mi ammoniva su altre persone o comunque sul mio comportamento, su Manganaro, diceva di stare attento…”.
Alla fine arrivò la richiesta: “Mi disse che (D’Aleo, ndr) era un suo carissimo amico, che lui ci teneva molto a lui, che era un persona perbene, poi D’Aleo mi disse che alla gara a cui aveva partecipato ‘Hc’, lui aveva degli accordi commerciali con ‘Hc’, forse di subappalto. Insomma lui sarebbe stato realisticamente colui che avrebbe poi fatto le manutenzione sulle apparecchiature… Io fui un po’ meravigliato della chiarezza di questo discorso, perché Li Pomi non si era mai spinto a tanto. Mi chiese esplicitamente un appoggio cioè sulla valutazione dei progetti… la gara era già stata bandita però eravamo alla fase dell’apertura della documentazione amministrativa”.