Palermo, sul consuntivo parole grosse: alla fine Lagalla cede

Palermo, sul consuntivo volano parole grosse: alla fine Lagalla cede

Seduta ad alta tensione in consiglio comunale

PALERMO – E’ iniziata con le urla di Roberto Lagalla e Ugo Forello, è finita con un accordo trasversale che, se reggerà, consentirà di votare il bilancio consuntivo 2022 in tempi brevissimi. Seduta ad alta tensione per il consiglio comunale di Palermo, impegnato da giorni in un estenuante braccio di ferro tra maggioranza e opposizione sul rendiconto che sbloccherà spesa e assunzioni.

Il centrodestra, dopo essere riuscito a strappare i sette pareri delle commissioni in una volta sola, ha provato il grande colpo: approvare il documento finanziario in tempi strettissimi, vincendo la resistenza delle minoranze. Un progetto che si è infranto sul muro eretto da Ugo Forello, fatto di norme e sentenze e su cui si è consumato lo scontro con il primo cittadino.

Lagalla all’attacco del consiglio

I lavori si erano arenati sulla mail con cui Forello, capogruppo di Oso, ha contestato la convocazione dell’Aula per non aver concesso i 20 giorni previsti dalla legge per consentire ai consiglieri di studiare le carte, obbligando Lagalla a presentarsi in consiglio. E il sindaco, preso il microfono, non si è risparmiato attaccando a testa bassa: “La seduta è stata convocata legittimamente – ha tuonato il primo cittadino citando una sentenza del Tar -. Mi verrebbe da usare due detti: ‘tanto tuonò che piovve’ e ‘una tempesta in un bicchiere d’acqua’. La legge è superiore al regolamento comunale e il bilancio è arrivato ai consiglieri a fine agosto, quindi i tempi sono stati rispettati. Bene ha fatto il presidente a convocare la seduta, incombe il termine ultimo del commissario e siamo a un bivio: se entro il 21 settembre non approveremo il consuntivo, non potremo firmare i contratti dei nuovi dirigenti, né procedere con progressioni verticali e stabilizzazioni. Inoltre subiremo il blocco dei trasferimenti statali e i ritardi nello stanziamento delle risorse per le partecipate”.

Lo stallo dei lavori

Un discorso accorato, a tratti anche polemico, quasi sorprendente per un politico solitamente mite come Lagalla ma che non ha prodotto gli effetti sperati. Forello ha infatti replicato a muso duro: “Il sindaco è un ottimo medico ma non un buon giurista – ha controbattuto il consigliere -. Il parere del ministero dell’Interno che obbliga a rispettare il termine dei 20 giorni è di quest’anno, c’è una sentenza del 2023 che ci dà ragione e la legge rimanda al nostro regolamento interno che dice esplicitamente che i giorni decorrono da quando viene reso il parere dei revisori. Il bilancio è arrivato solo a settembre e se salterà il comune di Palermo la colpa non sarà nostra ma solo del sindaco e dell’amministrazione”.

Crepe in maggioranza

Sulla stessa lunghezza d’onda Carmelo Miceli, secondo cui “Lagalla ha sbagliato un rigore a porta vuota: forse qualcuno lo ha male informato su quanto è successo in Aula. La maggioranza da tempo risente delle tensioni sul rimpasto”. E in effetti, in questo bailamme, c’è il sentore di una polemica sotto traccia tra Fratelli d’Italia, che esprime il presidente della commissione Bilancio Giuseppe Milazzo e l’assessore al ramo Carolina Varchi, e Forza Italia a cui appartiene il presidente del consiglio Giulio Tantillo. Uno scontro che, a microfoni spenti, è stato più esplicito mentre in Aula è risultato più sfumato: “Se fossi un assessore seguirei passo dopo passo gli atti – ha dichiarato l’azzurro Gianluca Inzerillo -. Alla riunione con gli uffici c’eravamo tutti e abbiamo ascoltato le preoccupazioni sul mancato rispetto dei tempi”.

L’accordo

Interventi che hanno spinto Lagalla a più miti consigli: il rischio era di bloccare l’Aula per giorni, anziché cogliere l’opportunità di chiudere la partita col dialogo. Il sindaco si è scusato per i toni (“Un professore che non riesce a farsi intendere ha un po’ di aggiornamento da fare”, ha detto scherzando) e ha teso la mano alle opposizioni che si sono poi riunite.

Alla fine dei conti, l’amministrazione ha riconosciuto l’errore sulla convocazione e, con un documento firmato dall’ex rettore in persona, ha illustrato i motivi d’urgenza dell’atto; le minoranze, invece, avrebbero abbandonato ogni ipotesi di ostruzionismo, il che dovrebbe consentire di andare al voto.


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